Il Pregiudizio della Sopravvivenza


“L'aria era calda. La Vespa partì al primo colpo. E così, il tram, che stava per stamparsi sul suo culo. Invece, per fortuna gli si stampò nelle orecchie il «Sei un grande pirla!» del tranviere. Grande Pirla con Grande Vespa, pensò...”.

Il Grande Pirla sulla Grande Vespa altri non è che Paolo Rover... pardon!, Enrico Radeschi, il giornalista/hacker partorito dalla fantasia appunto di Paolo Roversi, autore di questo libro di cui Radeschi, di fatto, è l'alter ego.

Le avventure poliziesche di Radeschi sono iniziate ormai diversi romanzi fa, quest'ultima è l'ottava uscita della serie che lo vede protagonista. Le sue investigazioni lo hanno sempre visto muoversi per le sue indagini in sella al Giallone – una vecchia Vespa del '74 pittata a bomboletta di giallo canarino – tra le strade trafficate di Milano e quelle più tranquille della Bassa Padana. Di romanzo in romanzo Roversi ha però proiettato il suo Radeschi in una dimensione sempre più internazionale che oggi lascia ben poco spazio alla sua mobilità da vespista, tanto che si può dire ci sia più “Vespa” in copertina che in tutto il resto del romanzo, l'ambientazione e il taglio delle vicende narrate ne Il Pregiudizio della Sopravvivenza non sono quelle che ci si aspetta da un romanzo dove i protagonisti sono più che mai nostrani. La narrazione si spinge sempre più sulla via tracciata dagli ultimi romanzi della saga, in cui le scene di azione si susseguono in un'escalation i cui toni sono forse un po' troppo arditi per quello che può essere considerato il più tranquillo trend malavitoso a cui, complici le fiction TV, ci ha abituato la giallistica nazionale.

Più che quelli di una classica trama gialla di pura indagine i toni di questa storia sono quelli di un action-thriller dal respiro internazionale, dove però non sono riuscito a raggiungere le vette di climax a cui altre storie di questo genere mi hanno condotto. Probabilmente è solo una questione di aspettative legate alla mia individuale sensibilità di lettore, che mi fa accettare senza batter ciglio qualsiasi irrazionalità quando mi è proposta da un autore di scuola anglosassone - tipo un Dan Brown che in Angeli e Demoni mi fa esplodere nel cielo di Piazza San Pietro un ordigno capace di aprire un buco nero – mentre invece, quando assurdità del genere mi sono proposte nel contesto di un romanzo "Made in Italy", storco il naso. La stessa cosa mi era capitata anni fa con la lettura di Io Uccido di Giorgio Faletti, bestseller made in Italy che ha scalato le classifiche dei libri più venduti in tutto il mondo, riprova evidente di quanto io sia poco ricettivo in materia. Mi auguro quindi che Roversi non se ne abbia a male, non è che gli manchi la fantasia nell'inventarsi pirotecnici sviluppi narrativi, tutt'altro, ed è forse proprio l'eccessivo susseguirsi di episodi mozzafiato a spiazzarmi e rendendo poco equilibrato, per i miei parametri, tutto l'insieme. 

Una lettura che ho trovato comunque godibile ma che non ha "lasciato il segno", se così posso dire. C'è un po' troppo di tutto. Troppa azione e troppo spettacolare - quando non fantascientifica nel suo svolgersi - per il contesto di un giallo italiano, e per non spoilerare nulla non dico di più. Di parallelo ho trovato poca creatività nel tratteggiare alcune situazioni: le bande di rapinatori mascherati non sono più una novità dai tempi di Point Break, ai tempi vederli indossare le maschere dei presidenti USA fu un'idea originale, mettere oggi sul volto di un bandito la maschera di Lady Gaga lascia un po' il tempo che trova. Protagonisti e personaggi minori del romanzo sono quelli già conosciuti negli episodi precedenti, tutti però sempre più caratterizzati su loro stessi, con il rischio concreto di cadere nello stereotipo, se non di scadere a macchiette: trovo che al vicequestore Sebastiani gioverebbe masticare qualche Toscanello di meno e il Danese sarebbe ugualmente convincente nel suo essere un malavitoso sopra le righe anche senza portarsi appresso la sua iguana immortale.

Sinossi editoriale: “I vecchi incubi di Enrico Radeschi tornano a perseguitarlo, e lo fanno colpendolo negli affetti più cari: qualche giorno prima di San Valentino la sua ragazza Andrea, a Salisburgo per una conferenza, scompare nel nulla, e lui è l’unico in grado di scoprire cosa le sia capitato. Ben presto si rende conto che quel rapimento è solo un tassello di un piano più grande che lo costringerà a una spasmodica e angosciosa corsa contro il tempo. Qualcuno nell’ombra sta tessendo abilmente i fili di una ragnatela in cui Radeschi rischia di rimanere invischiato, e la sua unica possibilità di salvezza consiste nel trasformarsi da preda in cacciatore. Per farcela avrà bisogno di tutto l’aiuto dei compagni di sempre: il vicequestore Sebastiani, brillante poliziotto col sigaro perennemente spento fra le labbra, e il Danese, delinquente dal cuore d’oro con un’iguana che vive sotto i suoi vestiti. L’ottava avventura del giornalista hacker protagonista della fortunata serie di Roversi si dipana – tesa e vibrante come una corda pronta a spezzarsi da un momento all’altro – tra Milano e l’Austria, in bilico fra traffici di droga, criminali senza scrupoli, rapine al femminile, dischi di vinile e colpi di scena scanditi dalla musica di Mozart e Bob Dylan, mentre un antico nemico riemerge dalle nebbie del passato per reclamare la sua crudele vendetta.”

La saga di Radeschi:
1 – La confraternita delle ossa
2 – Blue Tango (La marcia di Radeschi)
3 – La mano sinistra del diavolo
4 – Niente baci alla francese
5 – L’uomo della pianura
6 – Cartoline dalla fine del mondo
7 – Alle porte della notte
8 – Il pregiudizio della sopravvivenza

C'è poi un ulteriore libricino con un racconto giallo con protagonista Radeschi rivolto ai lettori più giovani:
9 – Gli agenti segreti non piangono

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