PROVE DI FELICITA' A ROMA EST

PROVE DI FELICITÀ A ROMA EST
Roan Johnson
Einaudi

“(...) l’unico atto di ribellione era stato partire con la mia Vespa Primavera del ‘79, celeste e ammaccata come i cartelli stradali sulla provinciale verso l’Aurelia”.

Iniziano così le vicende romane di Lorenzo Baldacci, ventuno anni da Pomarance: “un paesone di neanche cinquemila abitanti sperduto nella campagna toscana, dove non c’era altro da fare che perdere tempo con entusiasmo...”.
Per Lorenzo quella di trasferirsi a Roma è una scelta dettata appunto dal tempo perso con troppo entusiasmo e quindi l’esigenza di rimettersi in pari con gli anni di studio. Ad attenderlo una scuola privata “da tre anni in uno”, ospite del professor Garzoli, al quale l’arrivo di Lorenzo riaccende una scintilla di vita sopitasi quando, raggiunta l’età della pensione, si era chiuso in casa con cane e badante a ripensare ai tempi in cui era professore per davvero, circondato da giovani studenti tutto il giorno.
Per Lorenzo il modo per accettare l’imposizione di questa nuova fase della sua vita è quello di partire da casa in sella alla sua Vespa "dopo aver riempito la borsa da calcio, tentando di pigiarci più pezzi della mia stanza che potevo”. “Ed è così che dopo “trecento chilometri lungo il Tirreno con sosta sul mare per farmi un bagno a Talamone” la strada e la Vespa continueranno ad essere i compagni delle sue giornate, divise tra lo studio e il lavoro di fattorino di pizzeria per le strade della capitale.
Per l’ennesima volta, quel punto di vista esclusivo che è il sellino di una Vespa si rivela - oggi attraverso la penna di Roan Johnson - un catalizzatore di emozioni che fa di Lorenzo Baldacci la rappresentazione perfetta di tutta la sensibilità che si cela dietro la vita apparentemente ordinaria di chi, inaspettatamente, si scopre a non essere più adolescente. Situazioni confuse, come avere una ragazza “in comune” con un collega o abitare ai limiti del randagismo in una roulotte senza ruote parcheggiata in periferia, non sono subite con disagio ma vissute come una scelta di vita consapevole. Una presa di coscienza che aiuta a mettere a fuoco se stessi e a trovare il proprio ruolo. E questo non accadrà solo per Lorenzo ma anche per Samia, la sua ragazza e pure per l’anziano professor Garzoli:
“...visto, Baldacci? Ti ho fregato pure questa volta. Come riusciva a trovare sempre un sinonimo più di me, così non si era fermato al raccordo, ma era arrivato al mare”.

Questo romanzo di Roan Johnson entra a pieno titolo a far parte di quella nicchia estrema ed esclusiva che è la letteratura vespistica. Il capitolo dodici è una vera chicca, con una precisa descrizione di quella che è pura sopravvivenza vespistica metropolitana, con un doveroso riconoscimento a colei che è molto di più di un mezzo di trasporto a due ruote:
“La mia Vespa era una creatura in via d’estinzione, un dinosauro tra bestie nuove e veloci, un mezzo buono per fare percorsi medio-lunghi su strade diritte e sgombre, o bella figura alle serate revival”.

L’incipit.
I primi giorni di lavoro Samia non l’avevo neanche vista: io aspettavo gli ordini ai forni e lei serviva nella sala della pizzeria, e quando chiudevamo montava sullo scooter dietro Marchino senza guardare nessuno, vestita con dei golfini slargati che le arrivavano fino alle cosce e le coprivano i fianchi. Solo dopo ho analizzato quel periodo con l’attenzione di uno storico e ho capito che Samia aveva tutto un suo modo di mimetizzarsi con la nostra pizzeria, come se un velo di polvere la coprisse dalla testa ai piedi.

PROVE DI FELICITÀ A ROMA EST
Roan Johnson
Einaudi

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