INDIA e mi fissi con gli occhi di una capra.
Giorgio Serafino
by TERRA&ASFALTO
A leggere queste ultime pagine uscite dalla penna di Giorgio Serafino viene spontanea una considerazione: il viaggiatore che torna non è mai la stessa persona partita qualche tempo prima. Giorgio, la sua compagna di vita e di viaggio Giuliana e il mitico vespino Generale Lee che li porta a spasso per le strade del mondo abbiamo cominciato a conoscerli qualche anno fa con "L'America in Vespa" (Mursia 2011): leggere del viaggio in USA lungo la leggendaria Route 66 è stato un po' come vivere la vacanza in Vespa che tanti sognano. Con "Paradiso di polvere" (Mursia 2013) abbiamo letto del viaggio nel Triangolo d'Oro tra Laos e Thailandia, e più a sud fino in Cambogia, un territorio agli antipodi rispetto agli Stati Uniti non solo geograficamente. Pagine in cui tra le righe si poteva leggere di come l'esperienza del viaggiare si fosse evoluta in qualcosa di meno turistico e materiale, per avvicinarsi a una dimensione quasi mistica.
Un'evoluzione che trova compimento in quest'ultimo libro "INDIA e mi fissi con gliocchi di una capra", che già dal titolo e dalla copertina evidenzia la svolta. di una scelta coerente e coraggiosa: la Vespa, che pur restando nell'immagine di copertina era scomparsa dal titolo già nel secondo volume, ora passa in secondo piano (tanto che non se ne trova cenno nemmeno nella sinossi sulla quarta di copertina). Difficile dire se prima della partenza per l'India Giorgio Serafino immaginasse uno sviluppo del genere per questo nuovo viaggio e di conseguenza per le pagine che ne sarebbero seguite. Un viaggio cupo nell'umore quanto è cupa l'immagine scelta per la copertina ("Non guardarmi" del pittore Marco Amato).
Una lettura difficile come difficile è stato questo viaggio lungo strade lontane da quelle battute di norma dal turista in cerca di spiritualità, in una terra incantata dove "ritrovare se stessi" è tutt'altro che scontato. L'autore è bravo nel trasmettere il fastidio del muoversi a contatto, quotidiano e ossessivo, con la pletora di questuanti che nella loro misera vita non possono fare altro che approfittarsi di questa loro condizione, fino agli eccessi di atteggiamenti a volte apertamente ostili, dove quando va bene ci si sente truffati e quando va male si diventa ostaggi del proprio ruolo di turisti di cui ci si deve approfittare. Se mi si passa il termine trovo che in queste pagine ci siano tracce della “bettinellizzazione” della scrittura di Serafino: la mera cronaca del viaggio si fa da parte e lascia spazio alle emozioni più intime del viaggiatore, tanto che a un certo punto Bettinelli si materializza:
"Stiamo fumando una sigaretta quando sentiamo arrivare una moto (...) inizia a lampeggiare come se ci stesse salutando (...) l'uomo alla guida (...) ha un sacco di orecchini, i capelli diritti e spettinati, gli occhi illuminati da pura follia (...). Io e Giuliana ci guardiamo a bocca aperta e insieme diciamo - cazzo ma è lui! - Siamo sicuri (...) sappiamo che non può essere vero ma è lui, sì, o è Giorgio Bettinelli o è la sua reincarnazione."
Si viaggia per trovare nuovi stimoli ma l’overdose delle esperienze vissute è tale da faticare a conviverci. L’unica soluzione è mettere tutto su carta e condividerlo. Al lettore che avrà il coraggio di affrontarne la lettura è offerta l'opportunità di approfittare un punto di vista sincero, che non fa sconti e nulla concede, perché viaggiare è bello ma a volte il viaggio è anche la fatica di convivere con la realtà quando questa, vista con i propri occhi e vissuta sulla propria pelle, è totalmente diversa dagli stereotipi e dalle aspettative.
"L'india è come uno specchio, riflette l'anima di chi la visita. Se si va in pace si troverà la pace, ma se si va in guerra o con paura si troverà guerra e paura..."
Dice Giorgio Serafino sulla sua pagina facebook: "...il libro è auto pubblicato, non perché scartato dagli editori, ma perché quel mondo che ho conosciuto... mi sta proprio sul cazzo!".
Illibro è acquistabile direttamente dal sito Web terraesafalto.it su Amazon e in alcune librerie.