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Enzo Gaiotto
ROSSO KATMANDU
Las Vegas Edizioni
Se qualcuno in cuor suo nutriva ancora dubbi a riguardo della realtà rappresentata dalla narrativa vespistica quale vero e proprio genere letterario, con Rosso Katmandu di Enzo Gaiotto può mettersi il cuore in pace, accomodarsi in poltrona e godere delle sue pagine. Non è la prima volta che si legge di una Vespa battezzata con un suo nome proprio (il “Giallone” di Paolo Roversi e il “Generale Lee” di Giorgio Serafino, per citare le prime che mi vengono in mente), ma è la prima volta che una Vespa è tra i protagonisti di un volume con “nome e cognome”, Rosso Katmandu appunto. La vicenda ci svolge all’inizio degli anni ‘80 anche se la descrizione di ambienti e situazioni, forse per il garbo della narrazione, da la sensazione di essere riportati ai decenni precedenti. I luoghi sono quelli della provincia toscana, la Garfagnana e i dintorni di Pontedera, operosa cittadina sede della Piaggio, dove la Vespa è nata ed è prodotta a tutt’oggi. Lisiana è la protagonista femminile del racconto, in paese la definiscono “la più bella della Garfagnana”, promessa sposa di Manfredo, emigrato in Germania. A mettere scompiglio nel cuore di Lisiana arriva Antonio, portalettere trasferito d’ufficio per motivi disciplinari, che in sella alla sua Vespa TS 125 Rosso Katmandu (dalla denominazione scelta da Piaggio per quella tonalità di rosso) consegna la corrispondenza nei piccoli Comuni della Valdera. Quella di Antonio nei confronti di Lisiana è più di un’infatuazione, è un chiodo fisso che arriva a fargli dimenticare i principi deontologici della sua professione spingendo sempre più in la l’asticella della sua invadenza. Tutto gli sembra lecito pur di riuscire a far breccia nel cuore della bella Lisiana. A complicare ad Antonio un già difficile corteggiamento è l’attenzione a lui riservata da altre femmine, più leste di Lisiana nell’apprezzare l’aitante portalettere.
Un racconto solare velato d’un tratto delle ombre e dei sospetti per un inspiegabile delitto che viene a turbare la quiete della pacifica comunità. Tutti i protagonisti sono ben tratteggiati, efficaci e convincenti, così come i personaggi di contorno che danno colore e carattere alla vicenda e fanno scorrere la lettura, piacevole come una passeggiata in Vespa per la campagna toscana.
La Vespa è una costante nello svolgersi del racconto, Antonio si confida con lei durante il suo girovagarne in sella per la consegna della corrispondenza. La Vespa Rosso Katmandu diventa così sua complice, muta testimone di fatti e misfatti, dalle prime pagine del romanzo fino al sorprendente epilogo della vicenda.
Questo romanzo è impreziosito da una sua colonna sonora d'autore: Lisiana ed Antonio scoprono di avere una comune passione per Gino Paoli. Alcune tra le più celebri canzoni del cantautore genovese vengono citate nel racconto, come i primi versi della bellissima "Me in tutto il mondo", nella prima pagina del volume.
Non poteva mancare la celeberrima "Il cielo in una stanza":
L’incipit.
Antonio non riusciva a prendere sonno e si girava e rigirava in quel letto non suo che cigolava a ogni sospiro. Con la testa affondata nel cuscino troppo soffice e voluminoso, cercava di tenere gli occhi chiusi per non scorgere l’estraneità di quella camera d’affitto, rischiarata dalla luce che filtrava dalle stecche della persiana.
Enzo Gaiotto
ROSSO KATMANDU
Las Vegas Edizioni
Questo libro è disponibile tra i titoli a catalogo della LIBRERIA UNIVERSITARIA: acquistandone una copia attraverso i link pubblicati in questo Weblog una piccola percentuale della vostra spesa contribuirà al mantenimento di “Chilometri di Parole in Vespa”. Grazie.
Pazzo incosciente
PAZZO INCOSCIENTE
Luca Guerini
CLD Libri
Mezza Europa girata a bordo della sua Vespa. Gli aneddoti, gli amici, i ricordi di una passione che l’ha spinto fino a mete impensabili.
Luca Guerrini, appassionato vespista di Badia Agnano, ha deciso di raccontare tutto questo, i suoi viaggi e le sue esperienze, in un libro.
"Controllai col navigatore e tra andare avanti e tornare indietro dovevo fare ben 90 chilometri. Pensai: "alle 6:30 di mattina, 25 chilometri di autostrada a quattro corsie sulla corsia di emergenza contromano, non se ne sarebbe accorto mai nessuno..."
In 12 capitoli ricchi di divertimento l’autore racconta come è nata e poi si è evoluta la sua esperienza vespistica, fino ad arrivare ai suoi 4 viaggi più importanti: Caponord, Spagna, Bosnia e Amatrice, prima e dopo il terribile sisma... senza scordarsi il suo frullino!
PAZZO INCOSCIENTE
Luca Guerini
CLD Libri
Questo libro è disponibile tra i titoli a catalogo della LIBRERIA UNIVERSITARIA: acquistandone una copia attraverso i link pubblicati in questo Weblog una piccola percentuale della vostra spesa contribuirà al mantenimento di “Chilometri di Parole in Vespa”. Grazie!
One man caravan
ONE MAN CARAVAN
Robert Edison Fulton Jr.
Elliot - Lit Edizioni
Una filosofia tutta particolare che lo aiuta a vivere nel modo migliore, giorno dopo giorno, il suo cammino, fino al colpo di scena che a poche migliaia di chilometri dalla conclusione getta l'autore nello sconforto.
INCIPIT
Il silenzio è d'oro.
Avessi dato retta a questo vecchio adagio, forse tante cose non sarebbero successe. Per dirne una questo resoconto. A quella cena londinese, il padrone di casa, la sua signora e i loro cinque ospiti erano convinti di avere a che fare col classico giovane laureato americano, reduce da un anno di studi alla facoltà di architettura dell'Università di Vienna, il quale sulla via di casa aveva pensato bene di fare una puntatina nella vecchia Inghilterra. A tavola la conversazione ruotava intorno alle sfumature dell'architettura americana, quando la ragazza dai capelli color caramella mou se ne uscì dicendo: "Pensa di salpare presto per gli Stati Uniti? La invidio, trovo che New York sia semplicemente sconvolgente".
"No" risposi. "Sto per fare il giro del mondo in motocicletta!".
ONE MAN CARAVAN
Robert Edison Fulton Jr.
Elliot - Lit Edizioni
Anche questo volume è disponibile nel catalogo online della LIBRERIA UNIVERSITARIA
Robert Edison Fulton Jr.
Elliot - Lit Edizioni
La moderna narrativa di viaggio, nello specifico di viaggi in moto, non può prescindere da questo libro. Difficile al giorno d'oggi pensare di mettersi in sella su strade che non siano già state percorse. Nel 1932 però la situazione non era esattamente la stessa, annunciare di voler fare il giro del mondo in moto poteva sembrare poco più di una boutade. Se però capita di dirlo in presenza del rappresentante di una marca motociclistica - oggi divenuta storica come la Douglas - disposto a fornirti il necessario, a cominciare da tre quintali e mezzo di moto equipaggiata per l'occasione con ruote da automobile, ti puoi trovare ad essere il protagonista della più straordinaria avventura motociclistica in solitaria. È quanto accadde a Robert Edison Fulton Jr. che in questa questa impresa profuse tutto l'entusiasmo e l'incoscienza dei suoi ventitre anni. Inevitabile scotto da pagare all'inesperienza gli errori di programmazione e le esagerazioni nell'equipaggiamento, che regalano a queste pagine la genuinità di un documento unico nel suo genere. L'autore è davvero bravo nel documentare il suo cammino, sia con le parole che con le immagini, in cui è un vero maestro nell'uso dell'autoscatto. Tante le immagini riprodotte nel volume (che avrebbero meritato una miglior qualità di carta per una resa ottimale del bianco nero).
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R.E. Fulton Jr. in sella alla sua Douglas nel 1996 courtesy of http://www.geodysseo.org |
Le paure, le incertezze e la faccia tosta alle prime frontiere incontrate lungo la strada. Un'avventura irripetibile oggi, dove un americano può raccontare della squisita ospitalità che gli viene offerta attraversando,
da turista solitario, i Paesi del Golfo Persico. Un viaggio dove nulla è scontato, a cominciare dall'assurda burocrazia dei paesi del terzo mondo, una storia che ci riporta indietro nel tempo e fa rivivere "in diretta" i diciassette mesi di viaggio. Una storia incredibile, dove nonostante gli "arresti" fossero una costante di parecchie tappe l'autore non si è quasi mai sentito realmente in pericolo:
"Chi viaggia solo viaggia sicuro. Può sembrare un paradosso, ma chi viaggia da solo ha molte meno probabilità di finire nei guai di chi viaggia in compagnia. La logica è semplice come la mentalità della gente del luogo. Quando un turco si imbatte in uno straniero solitario non ne ha alcun timore: si sente al sicuro sulla sua terra e tra la sua gente..."
Una filosofia tutta particolare che lo aiuta a vivere nel modo migliore, giorno dopo giorno, il suo cammino, fino al colpo di scena che a poche migliaia di chilometri dalla conclusione getta l'autore nello sconforto.
INCIPIT
Il silenzio è d'oro.
Avessi dato retta a questo vecchio adagio, forse tante cose non sarebbero successe. Per dirne una questo resoconto. A quella cena londinese, il padrone di casa, la sua signora e i loro cinque ospiti erano convinti di avere a che fare col classico giovane laureato americano, reduce da un anno di studi alla facoltà di architettura dell'Università di Vienna, il quale sulla via di casa aveva pensato bene di fare una puntatina nella vecchia Inghilterra. A tavola la conversazione ruotava intorno alle sfumature dell'architettura americana, quando la ragazza dai capelli color caramella mou se ne uscì dicendo: "Pensa di salpare presto per gli Stati Uniti? La invidio, trovo che New York sia semplicemente sconvolgente".
"No" risposi. "Sto per fare il giro del mondo in motocicletta!".
ONE MAN CARAVAN
Robert Edison Fulton Jr.
Elliot - Lit Edizioni
Anche questo volume è disponibile nel catalogo online della LIBRERIA UNIVERSITARIA
Una lunga strada da fare
Peter S. Beagle
UNA LUNGA STRADA DA FARE
Mattioli 1885
Aprile 1963: in una strada periferica di New York city Peter e Phil, in sella rispettivamente a Jenny e Couchette - due mastodontici scooter Heinkel a quattro tempi - prendono la strada alla volta della California. Questo per loro sarà più di un viaggio e rappresenterà lo spartiacque verso la consapevolezza dell’età matura. Prima di giungere alla meta avranno a disposizione qualche migliaio di chilometri per conoscere meglio se stessi, il loro Paese e i loro connazionali, aiutati dalla precisa scelta del percorso da seguire “...l’idea è di tenerci lontani da autostrade e strade a pedaggio...”, facendo di “Una lunga strada da fare” un antesignano di “Strade Blu”, il libro di William Least Heat-Moon, pubblicato solo una ventina d’anni dopo e diventato oggi una pietra miliare della narrativa on the road. I due scooter, battezzati con nomi propri, la dicono lunga sul rapporto uomo/scooter che va consolidandosi con le difficoltà del cammino:
“I motori stanno lavorando troppo duro sulle marce basse, le marmitte stanno subendo dei salti così impietosi che non hanno modo di assorbirli; e Dio solo sa cosa sta succedendo ai pneumatici. Da esseri umani ci sembra di non soffrire quanto le macchine che stiamo cavalcando, il che è un atteggiamento veramente stupido (...). A ogni scossa mormoro: ‘Mi dispiace Jenny. Scusa mia cara’.”
UNA LUNGA STRADA DA FARE
Mattioli 1885
Aprile 1963: in una strada periferica di New York city Peter e Phil, in sella rispettivamente a Jenny e Couchette - due mastodontici scooter Heinkel a quattro tempi - prendono la strada alla volta della California. Questo per loro sarà più di un viaggio e rappresenterà lo spartiacque verso la consapevolezza dell’età matura. Prima di giungere alla meta avranno a disposizione qualche migliaio di chilometri per conoscere meglio se stessi, il loro Paese e i loro connazionali, aiutati dalla precisa scelta del percorso da seguire “...l’idea è di tenerci lontani da autostrade e strade a pedaggio...”, facendo di “Una lunga strada da fare” un antesignano di “Strade Blu”, il libro di William Least Heat-Moon, pubblicato solo una ventina d’anni dopo e diventato oggi una pietra miliare della narrativa on the road. I due scooter, battezzati con nomi propri, la dicono lunga sul rapporto uomo/scooter che va consolidandosi con le difficoltà del cammino:
“I motori stanno lavorando troppo duro sulle marce basse, le marmitte stanno subendo dei salti così impietosi che non hanno modo di assorbirli; e Dio solo sa cosa sta succedendo ai pneumatici. Da esseri umani ci sembra di non soffrire quanto le macchine che stiamo cavalcando, il che è un atteggiamento veramente stupido (...). A ogni scossa mormoro: ‘Mi dispiace Jenny. Scusa mia cara’.”
La sofferenza di mezzi e uomini è una costante del viaggio:
“...un mese fa stavamo congelando sulla West Fourth Street all’una del mattino. Un giorno vorrei scrivere uno di quei libri di viaggio: mille modi per congelare a soli cinque dollari al giorno.”
L’autore da prova di essere una penna di razza, cosa che si confermerà con una brillante carriera di scrittore negli anni a venire. Nel suo racconto è abile nel cogliere dettagli mai banali dei luoghi e delle persone che incontra e li descrive al lettore con efficaci e originali metafore a cui non si resta indifferenti:
“...occhi indescrivibili. Hanno la forma del diamante e il colore del cemento, e non sembrano affatto occhi, ma finestre affacciate su un muro di pietra bianca oltre il quale non c’è via di fuga”.
Sono gli incontri a scandire il tempo di queste pagine e fanno di questo libro la lettura ideale per tutti quelli che quando viaggiano godono del senso del loro passaggio nella vita delle altre Persone.
“Questo pomeriggio parliamo con tutti. Una delle cose che ci ha colpito di più nel viaggio, nonostante o in virtù dei fugaci incontri che abbiamo con le persone, è la terribile voglia che la gente ha di parlare con qualcuno. Non riescono a farsi ascoltare (...). Si limitano invece a mettere dei messaggi in bottiglia che affidano al mare rappresentato da noi sconosciuti, e le lettere sembrano sempre dire: ‘Salvami, salvami!’.”

A volte capita che arrivando alle ultime pagine di un romanzo di viaggio si percepisca un calo di intensità, un po’ il sentimento che si prova avvicinandosi alla meta e l’entusiasmo scema senza altre tappe in prospettiva. “Una lunga strada da fare” è un’eccezione, le ultime pagine raccontano delle crescenti difficoltà che non spengono l’entusiasmo e il viaggio si conclude col sorriso fischiettando una canzone di Brassens.
Si lascia questo libro accompagnati da un’appendice scritta dall’autore nel 2006, quando il volume è tornato in libreria, un’analisi che è l’elaborazione di quanto vissuto e di quanto ne è seguito a quarant’anni di distanza.
Bella e apprezzabile la scelta editoriale di chiudere il volume riportando una corrispondenza tra l’autore e il curatore dell’edizione italiana in cui Peter S. Beagle ricorda con piacere della sua permanenza in Italia nel 1959 e nel 1960, e gli racconta di Marinette, una Lambretta LI150 che lo accompagnò a zonzo per la penisola, da Firenze a Venezia a Milano, poi Domodossola e le Alpi, fino in Francia.
Incipit.
Da New York ad Ann Arbor.
Alle sette di una fredda mattina di aprile siamo seduti nella cucina di Phil a bere del caffè. Si è alzato un po’ di vento, che sbatte contro il bucato appeso e si dimena come un lottatore indiano, sibilando metre passa attorno agli angoli dell’edificio. Il cielo è grigio come un fazzoletto sporco.
“Si schiarirà,” dico .
“Fa sempre così. Le mattine d’aprile ingannano sempre.”
“più che ingannare sono fredde,” dice Phil.
“Tu e il tuo cazzo di aprile. Quante volte ti ho detto che, fino a maggio, a New York non fa caldo?”
Peter S. Beagle
UNA LUNGA STRADA DA FARE
Mattioli 1885
Questo libro è disponibile tra i titoli a catalogo della LIBRERIA UNIVERSITARIA
“...un mese fa stavamo congelando sulla West Fourth Street all’una del mattino. Un giorno vorrei scrivere uno di quei libri di viaggio: mille modi per congelare a soli cinque dollari al giorno.”
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courtesy
of www.heinkeltourist.com
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“...occhi indescrivibili. Hanno la forma del diamante e il colore del cemento, e non sembrano affatto occhi, ma finestre affacciate su un muro di pietra bianca oltre il quale non c’è via di fuga”.
Sono gli incontri a scandire il tempo di queste pagine e fanno di questo libro la lettura ideale per tutti quelli che quando viaggiano godono del senso del loro passaggio nella vita delle altre Persone.
“Questo pomeriggio parliamo con tutti. Una delle cose che ci ha colpito di più nel viaggio, nonostante o in virtù dei fugaci incontri che abbiamo con le persone, è la terribile voglia che la gente ha di parlare con qualcuno. Non riescono a farsi ascoltare (...). Si limitano invece a mettere dei messaggi in bottiglia che affidano al mare rappresentato da noi sconosciuti, e le lettere sembrano sempre dire: ‘Salvami, salvami!’.”
A volte capita che arrivando alle ultime pagine di un romanzo di viaggio si percepisca un calo di intensità, un po’ il sentimento che si prova avvicinandosi alla meta e l’entusiasmo scema senza altre tappe in prospettiva. “Una lunga strada da fare” è un’eccezione, le ultime pagine raccontano delle crescenti difficoltà che non spengono l’entusiasmo e il viaggio si conclude col sorriso fischiettando una canzone di Brassens.
Si lascia questo libro accompagnati da un’appendice scritta dall’autore nel 2006, quando il volume è tornato in libreria, un’analisi che è l’elaborazione di quanto vissuto e di quanto ne è seguito a quarant’anni di distanza.
Bella e apprezzabile la scelta editoriale di chiudere il volume riportando una corrispondenza tra l’autore e il curatore dell’edizione italiana in cui Peter S. Beagle ricorda con piacere della sua permanenza in Italia nel 1959 e nel 1960, e gli racconta di Marinette, una Lambretta LI150 che lo accompagnò a zonzo per la penisola, da Firenze a Venezia a Milano, poi Domodossola e le Alpi, fino in Francia.
Incipit.
Da New York ad Ann Arbor.
Alle sette di una fredda mattina di aprile siamo seduti nella cucina di Phil a bere del caffè. Si è alzato un po’ di vento, che sbatte contro il bucato appeso e si dimena come un lottatore indiano, sibilando metre passa attorno agli angoli dell’edificio. Il cielo è grigio come un fazzoletto sporco.
“Si schiarirà,” dico .
“Fa sempre così. Le mattine d’aprile ingannano sempre.”
“più che ingannare sono fredde,” dice Phil.
“Tu e il tuo cazzo di aprile. Quante volte ti ho detto che, fino a maggio, a New York non fa caldo?”
Peter S. Beagle
UNA LUNGA STRADA DA FARE
Mattioli 1885
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