In Centroamerica

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Paolo Luigi Zambon

I primi novanta giorni del suo viaggio in scooter in America Latina Paolo Zambon li aveva raccontati in INSEGUENDO LE OMBRE DEI COLIBRÌ, primo titolo da lui firmato per la Collana Orizzonti di Alpine Studio. Ne avevo scritto QUI e chiudevo la mia recensione auspicando di poter presto leggere il seguito di quella sua esperienza, auspicio che si realizza con la recente uscita del suo nuovo libro, IN CENTROAMERICA (nota: Zambon, sempre per la Collana Orizzonti di Alpine nel 2018 ha firmato anche VIAGGIO IN OMAN, il racconto di un'altra sua esplorazione in scooter – leggi QUI).

Ritroviamo quindi Zambon dove lo avevamo lasciato al termine del suo primo libro, in Honduras, in procinto di passare la frontiera con il Nicaragua in sella al suo scooter in compagnia di Lindsay, compagna di viaggio e di vita. Davanti a loro ci sono altri quattro mesi di viaggio lungo le strade del Centroamerica per addentrarsi nella realtà di paesi che nonostante siano tra loro confinanti riescono a offrire scenari ambientali e di vita assai diversi, che lasciano nel visitatore emozioni e sentimenti contrastanti. Il Costa Rica, Panama, il Guatemala, poi ancora l'Honduras e infine il Belize, viaggiati e narrati con il consueto “modus operandi” con cui Zambon usa accompagnare i suoi lettori.

“I suoi occhi d'un tratto parvero più grandi. Esclamò tutto esaltato che non pensava che uno straniero conoscesse le azioni compiute da Don Pepe sessantacinque anni prima: «Non è comune che un turista si interessi ai fatti storici del Costa Rica, magari in Messico o in Nicaragua ma qui la gente si perde tra le spiagge, i vulcani o le foreste tropicali». A quel punto toccò a me il ruolo del modesto dicendo che avevo letto qualche cosa solo superficialmente”.

Nelle sue pagine insieme al racconto del viaggio fisico attraverso i luoghi l'autore ama ripercorrere anche la strada dei trascorsi dei territori in cui si addentra, dalle vicende storiche più remote fino alle questioni politico sociali più recenti. Una manifestazione di consapevolezza, quasi sentisse l'esigenza di giustificare a quel modo la sua presenza di forestiero in quei luoghi, cosa di cui lui stesso pare essere consapevole.

“Per un attimo mi venne il dubbio di essere diventato una specie di avvoltoio in grado solo di sorvolare sopra nazioni traboccanti problemi e che per 'sventolare' invece della brezza avevo bisogno di disagio sociale, miseria, guerra e ingiustizie”.

Zambon non è certo un viaggiatore superficiale. Soprattutto nella prima parte del libro è palese quanto sia stato importante per lui documentarsi scrupolosamente su usi, costumi e tradizioni e trasmettere tutto ai lettori, tanto che la sua narrazione in alcune pagine si fa quasi fin troppo generosa di nomi, di dati e di cenni storico biografici. Ma con lo scorrere dei giorni, dei chilometri e delle pagine Zambon riesce a sentirsi sempre più a suo agio nei panni del viaggiatore di lungo corso quale lui è, e nella seconda metà del volume il libro, così come il viaggio, sboccia in un equilibrio finalmente perfetto tra le emozioni e le nozioni.

Quando le ruote dello scooter arrivano a solcare le strade del piccolo Belize, “parentesi anglofona in un mondo latino”, paese meno noto e battuto verso il quale inizialmente non ha forse particolari aspettative: “... per il Belize il piano di viaggio era ridotto all'osso. Fu forse la causa di un'assenza di esaltazione lungo i primi chilometri nel nuovo paese?”, la sua attenzione e il suo scrivere riescono a cogliere brillanti pennellate di colore attingendo da incontri e situazioni che possono apparire banali nel contesto di un viaggio di questa importanza, ma che in realtà lo sono solo in apparenza.


“Da una casa sciupata e con gli stampi dell'umidità color verde e nero usciva musica reggae e, da due amache appese a dei pali di legno azzurrino sfregiato e marcio, spuntavano due chiome da rasta nere come il petrolio e le dita dei piedi puntate verso l'alto...”.

Sebbene Zambon non viaggi da solo, così come nei suoi libri precedenti la presenza della sua compagna di viaggio Lindsay resta davvero marginale nel contesto della narrazione (così come quella del suo scooter*), una circostanza su cui si è portati a riflettere ma che nulla toglie al piacere della lettura. Personalmente, da appassionato di narrativa di viaggio, ho patito di più la mancanza di una mappa che graficamente ne disegni la geografia per geolocalizzare il viaggio e meglio comprenderne le distanze.

“Ora che il vento della felicità aveva ricominciato a soffiare poderoso e spirava verso sud, lì dove puntava l'ago della curiosità, ci attendevano giornate travolgenti. E a quel punto non sarei stato in grado di aggirare la domanda «Sei felice?».

Paolo Luigi Zambon

* vespisticamente doveroso precisare che il veicolo utilizzato da Zambon è genericamente definito "scooter" in quanto, pur assomigliandoci molto, una Vespa di fatto non è. Si tratta infatti del suo clone made in India, marca LML, modello Star de Luxe.

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