Alle porte della notte

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Alle porte della notte
Paolo Roversi
Marsilio

Ritmo. Se dovessi scegliere una sola parola per descrivere questo libro ritmo sarebbe senza dubbio la più adatta. Scandito dall'alternarsi dei capitoli fa procedere in parallelo i vari piani del racconto, capitoli a volte brevissimi, alcuni anche di solo due o tre facciate, che sul più bello lasciano il lettore in sospeso per riportarlo là, dove l'avevano lasciato in sospeso nel capitolo precedente. Un modello narrativo classico nel quale Roversi si rivela un maestro. Un ritmo incalzante ma non forsennato, ideale per tenere il lettore con gli occhi incollati alle pagine senza stordirlo con quell'overdose di colpi di scena che ultimamente va per la maggiore negli action thriller, dove spesso però, più che lasciare il lettore senza fiato, lo fanno asfissiare sfiancandolo a colpi di iperbole.

“... aveva un segreto. Un segreto terribile. E scoprirlo in quella lettera è stato come spingermi fino alle porte della notte e infilarci la testa, solo che vedevo buio pesto. Dovevo fare luce, capire. Mettere a posto le cose...”.

Leggere Paolo Roversi è un piacevole passatempo, la Milano che fa da cornice ai suoi romanzi è un ambiente che gli è familiare, nel quale la sua scrittura si muove a proprio agio, e con lei tutti i lettori che negli anni si sono affezionati alle avventurose investigazioni di questo giornalista / hacker che risponde al nome di Enrico Radeschi. Un personaggio che risulta particolarmente simpatico per la sua abitudine a spostarsi in sella al Giallone*, “... la mia Vespa del 1974 ridipinta a bomboletta di color giallo canarino...”. Queste le parole con cui presentò il suo scooter in uno dei primi volumi di questa serie iniziata con “Blu tango” nel 2006 e con quest'ultima uscita arriva a contare ben 7 titoli.
Milano si conferma una delle città più cinematografiche d'Italia, una location ideale per ambientarci qualunque storia. La Milano delle festività natalizie e degli ultimi giorni dell'anno anche di più, e se poi la giri in Vespa...

“Quando arrivo davanti alla Scala inizia a nevicare forte. Fiocchi grandi e soffici come batuffoli di cotone e in un attimo le strade sono ricoperte da una coltre bianca. Le ruote del Giallone iniziano a slittare, tanto che rischio di finire a gambe all'aria a ogni curva...”

Tante le avventure vissute da quando Radeschi si è affacciato per la prima volta in libreria e tanti i personaggi che in questi anni Roversi gli ha affiancato: tra primari e secondari sono davvero parecchi e per un lettore che sale per la prima volta su quel treno in corsa che sono le pagine dei romanzi di questa serie può non essere una cosa facile “orientarsi”, rischiando di perdere il filo. È questo l'unico piccolo appunto che si può fare a questo libro.

Vuoi leggere l'intervista che Chilometri di Parole in Vespa ha fatto a Paolo Roversi qualche anno fa in occasione dell'uscita di “Niente baci alla francese” ? CLICCA QUI

Sinossi editoriale: Una spettacolare rapina in via Montenapoleone – il salotto buono della città – dà il via a una nuova indagine che porterà il giornalista hacker Enrico Radeschi e il vicequestore Loris Sebastiani a scoprire un nesso con un’altra rapina milionaria svoltasi quindici anni prima nel Diamond Center di Anversa, i cui colpevoli non sono mai stati arrestati. Uno dei banditi implicati in quel colpo memorabile era stato ucciso dai compagni, e oggi le sue impronte vengono ritrovate all’interno della gioielleria che ha appena subito la rapina nel centro di Milano. Com’è possibile? Nel tentativo di catturare i colpevoli e di far luce sul mistero di quelle impronte, il capo della polizia di Anversa invia in Italia Julie De Vos, una conturbante poliziotta dell’Interpol che instaurerà un rapporto speciale con Sebastiani, mettendosi a disposizione per aiutarlo a risolvere il caso. Nel frattempo, Radeschi si farà coinvolgere dal Danese – il suo amico greco dall’animo da bandito – in uno strano sequestro di persona maturato negli ambienti della mafia russa…

“... inizio l'esorcismo per dare vita al Giallone. A giudicare dalla brina sull'erba del Parco di Palestro direi che la notte scorsa la temperatura è scesa parecchio sotto lo zero e per la mia gloriosa Vespa 50 deve essere un bel trauma mettersi in moto. Dopo cinque minuti di tentativi col pedale, mi decido a spingerla a mano e sudando come un cammello riesco finalmente ad accenderla e, col rassicurante martellare del pistone sotto alle chiappe, a saltarci in sella prima che si spenga.”.

Alle porte della notte
Paolo Roversi
Marsilio

* Tocca ripetermi: il mio ruolo di recensor-vespista mi impone una tiratina di orecchi per la topica in cui è incorso per l'ennesima volta chi ha impaginato la copertina di "Alle porte della notte". Se da una parte è sacrosanto che in bella mostra campeggi una Vespa gialla giusto sarebbe un piccolo sforzo in più per mantenersi fedeli a quanto scritto dall'autore e riprodurne una vecchio modello, a due tempi, e non una Vespa di ultima generazione. Un po' come se sulla copertina del Barone Rosso al posto del suo celeberrimo triplano fosse riprodotta l'evoluzione in cielo di un caccia della Seconda Guerra Mondiale.... come dite? Che tra Area C, Area B e ZTL il povero Radeschi dovrebbe rottamare il suo Giallone? Effettivamente...

Questo libro è disponibile tra i titoli a catalogo della LIBRERIA UNIVERSITARIA: acquistandone una copia attraverso i link pubblicati in questo Weblog una piccola percentuale della vostra spesa contribuirà al mantenimento di “Chilometri di Parole in Vespa”. Grazie!

Isole

Isole
Alberto Colle Conte
Edizioni Leucotea

I viaggi in Vespa di Alberto Colle Conte non sono l'impresa epica di un impavido rider. Sono viaggi normali, alla portata di chiunque e proprio per questo ancora più apprezzabili da chi la passione per la Vespa la vive nella quotidianità. È la sua sensibilità a fare di queste sue girate ordinarie un'esperienza che vale la pena condividere nelle pagine di un libro. Alberto l'aveva già fatto qualche anno fa con il suo primo libro UN SOGNO IN VESPA, nel quale aveva raccontato i 5.000 chilometri del suo periplo della costa italiana.
"...come un fastidioso ronzio di una mosca, la mia carta geografica con tutte le 32 tappe del mio viaggio precedente mi ricorda che le tre più grandi isole sono integre, la punta del mio pennarello nero non vi è ancora arrivata..."
Con questa sua nuova pubblicazione dal titolo ISOLE, in un certo senso l'autore riprende la filosofia di quel suo viaggio del 2015 e lo porta, per così dire, a compimento. Dopo aver tracciato con le ruote della sua Vespa tutto il profilo dello "stivale" nazionale, spiega la sua "Vela bianca di Badu" e naviga fino a sbarcare con "la Mitica", il suo scooter made in Pontedera, nelle tre isole principali: Sardegna, Sicilia e Isola d'Elba.
Alberto è un viaggiatore solitario ma non è quasi mai solo, le sue tappe sono scandite dall'incontro con amici e vespisti, con i quali condividere anche solo qualche ora di vita innaffiata da una buona birra, perché è importante tenere a mente che si può anche essere dei solitari, ma non si è mai davvero soli. Non tutti i luoghi, a volte, sono belli come uno se li aspetta, un viaggio a volte può anche riservare qualche delusione, fa parte del gioco, molto più spesso invece ci si trova in posti superiori a qualsiasi nostra aspettativa. Non necessariamente sono i più belli o i più famosi, sono le sensazioni che si provano a pelle a renderli tali, e la pelle di Alberto è tra le più sensibili.
"...entro in tenda e scrivo sul mio diario poche annotazioni per ricordarmi queste piccole delusioni di fine giornata. Mi vergogno a scrivere delusioni perché nella vita ne ho conosciute altre ma a volte fa anche piacere dare un peso più marcato a certe cose che ci capitano durante la giornata. Penso che noi esseri viventi non sappiamo dare la giusta importanza ai problemi della vita..."
Spesso si dice, e molte volte anche a sproposito, che la vita è un viaggio. Su questo viaggio di Alberto per le isole italiane il sipario cala sopra uno scampolo di vita vera che, come sempre, tesse per noi una trama imperscrutabile e imprevedibile, che possiamo solo accettare per quella che è. Alberto condivide con sincerità con i suoi lettori un frangente e privato della sua vita, perché se è vero che la vita è un viaggio, un viaggio, per essere davvero tale, in qualche maniera deve essere condiviso:
"Sono tranquillo perché in questa vita non si è mai soli, a volte le persone non le vediamo ma sentiamo la loro presenza, non si muore mai, scompariamo solo fisicamente ma continuiamo a vivere con un'altra dimensione.".

Isole
Alberto Colle Conte
Edizioni Leucotea


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Non c'è stata nessuna battaglia



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NON C'È STATA NESSUNA BATTAGLIA
Romolo Bugaro
Marsilio

Leggere questo romanzo è un po' come raccogliere, pagina dopo pagina, tanti pezzi. Solo alla fine si riesce a metterli assieme per andare a comporre il quadro conclusivo della vicenda. Una lettura piacevole, che però richiede un minimo di impegno per tenere il filo dei vari accadimenti, sparpagliati nel tempo.
"Si sente un rombo piuttosto forte di moto e motorini in avvicinamento da qualche punto nella distanza. Mi volto a guardare e vedo questo sciame di Vespe e Ciao e Boxer e Caballeri sbucare da via Umberto...". 
Tanti i personaggi, ed è forse questo a complicare la lettura, anche perché non sempre sono i protagonisti a narrare gli eventi più significativi, ma "comparse" marginali, che una volta fatta la loro parte tornano nell'ombra. La vicenda prende il via alla metà degli anni Settanta e racconta la vita di un gruppo di amici, adolescenti inquieti, e non potrebbe essere diversamente per una generazione che si è trovata a crescere in una realtà politicizzata come era la Padova di quei tempi, quando gli echi del '68 si erano sopiti mutando pelle in quelli che sarebbero poi stati definiti gli anni di piombo. I protagonisti cercano di vivere la loro età tenendo a distanza tutto questo, tuffandosi nella straordinarietà dell'epica giovanile:
"Ci mettiamo a parlare del tizio che ha distrutto l'impianto luci del Jam (...), dell'altro a cui è esplosa la Vespa sotto al culo perché aggiungeva alcol alla miscela per andare più forte. Risate, sghignazzate..."
Le vite dei protagonisti si incrociano nella frequentazione delle diverse compagnie cittadine, dove i figli del proletariato si mischiano a quelli della piccola borghesia, un eterno slalom tra amicizie esagerate, amori, incomprensioni, piccoli e grandi drammi. Vite legate tra loro più di quanto gli stessi protagonisti possono immaginare, dove un episodio come tanti, una scazzottata tra ragazzi, finirà per tracciare il confine diventando lo spartiacque nella loro esistenza.
"È passato così tanto tempo, Aby. Sembra la vita di un altro. Ma non è la vita di un altro. Sono ancora tutti lì, che ridono e fanno casino prima di tirare giù i motorini dal cavalletto e mettere gli occhiali da sole e dare gas."
Bugaro dipinge un quadro neorealista delle circostanze vissute dai protagonisti del libro, con le quali si troveranno a dover poi fare i conti in età adulta. Qualcuno non c'è più, qualcun altro è alle prese con il divorzio e qualcuno è in lotta con figli adolescenti, turbolenti quanto lo erano stati i genitori, ma senza più la scusante degli anni del terrorismo e dell'eroina. La costane è che per tutti, i giovani di oggi come i giovani di ieri, gli anni dell'adolescenza resteranno per sempre un periodo mitico della loro esistenza. Per i protagonisti l'autore ha scelto nomi che richiamano la gergalità di quegli anni, c'è GMT, c'è il vecchio Andrea, c'è il Cardo e c'è miss Canova e soprattutto c'è lui, Nick The Best One, sempre presente e sempre citato col suo soprannome tutto intero.
"La salita di Tramonte è ripida e devo tirare il motore sulla seconda e sulla terza, nonostante le modifiche dell'amico meccanico del vecchio Andrea. (...) Ogni tanto prendo qualche buca o qualche sasso e sento la botta attraverso il manubrio. La Canova, seduta dietro, si tiene staccata da me, probabilmente ha paura che sembri un'avance e preferisce il rischio di cadere."
I lettori patavini potranno riconoscersi nella toponomastica dei luoghi, da piazza Garibaldi a Prato della Valle, e dei tanti locali dell'epoca, citati nel racconto. È vero, forse battaglie vere e proprie non ce ne sono state, ma la ricerca della felicità a volte può essere anche più spietata di un combattimento.
"La marmitta Pinasco canta che è una bellezza e la luce della notte è talmente chiara che non servono fanali e accelero ancora, e il grande GMT seduto dietro si alza un poco dalla sella e apre le braccia come fossero ali di un aliante per decollare verso il cielo pieno di stelle, e allora anch'io lo faccio, cazzo, anch'io mollo il manubrio della Vespa lanciata a tutta birra lungo la strada deserta e apro le braccia come fossero le ali di un aliante e grido  «Yyyeeeaaahhh, yyyeeeaaahhh», e così voliamo incontro alla luna...".

NON C'È STATA NESSUNA BATTAGLIA
Romolo Bugaro
Marsilio

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CAPE NORTH ADVENTURE December 2017

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(segnalazione)
Viaggio in Vespa lungo la via di Natale

il brano che segue è tratto dalla pagina Facebook VESPERRANTI:

"Massimo Berlenga nasce a Passo Corese (Rieti) il 5 Maggio 1957. Dopo gli studi intraprende la carriera militare entrando nell’esercito italiano e si trasferisce a Pordenone.
La divisa gli va stretta e a 31 anni, nel 1990, decide di aprire una ditta specializzata in traslochi.

La Vespa è sempre stata sua compagna di vita (insieme alla Lambretta) ma è solo nel 2006 che la riscopre sotto forma di associazionismo. Si iscrive al Vespa Club Pordenone dove dal 2008 al 2018 rivestirà la carica di presidente. Partecipa a tanti raduni, specializzandosi in quelli invernali e diventando persino campione italiano di Vespa turismo nel 2012, però in quegli anni la sua famiglia è colpita da gravi lutti, tutti causati da forme tumorali. Questi eventi sensibilizzano Massimo e lo portano a voler fare qualcosa in prima persona per aiutare chi soffre.

Nel Dicembre 2017, per festeggiare i suoi 60 anni, parte per Capo Nord con una Vespa GTS300. Un progetto nato mesi prima, non è volto solo al puro piacere del viaggio e dell’avventura, ma è dedicato ai bambini affetti da leucomi. Massimo infatti lancerà una campagna di raccolta fondi da destinare al C.R.O. (Centro di Riferimento Oncologico) di Aviano (PN), inoltre darà alle stampe un libro i cui proventi saranno sempre devoluti alla medesima causa".





Uno sporco lavoro

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UNO SPORCO LAVORO
Bruno Morchio
Garzanti

"La Vespa risale tra i padiglioni dell'ospedale di Villa Scassi tossicchiando come una vecchia caffettiera..."
Trovare la Vespa come prima parola nell'incipt del romanzo credo rappresenti un caso più unico che raro in questa nicchia letteraria che è la narrativa vespistica.
"Uno sporco lavoro" per usare un termine in uso alla cinematografia è il prequel attraverso il quale Bruno Morchio racconta i primi passi di Bacci Pagano in quello che diventerà il suo mestiere di investigatore privato. Un primo incarico ben pagato che non sembra nascondere particolari difficoltà, nulla su cui indagare, si tratta solo di fare da bodyguard a un facoltoso manager e alla sua famiglia durante la loro villeggiatura estiva in quel di Pieve Ligure, in una lussuosa dimora che si affaccia sul mare.

"La mia vecchia Vespa era rimasta ferma quasi dieci anni e aveva bisogno di un meccanico, ma mi mancavano i soldi per farla aggiustare. I magri risparmi ereditati dai miei li avevo dilapidati e il resto l'avevo investito per rimettere ordine la casa, acquistare qualche vestito decente, regolarizzare l'attività di investigatore privato e affittare un buco d'ufficio in piazza De Marini. Avevo fretta di cominciare a lavorare e guadagnare, a tutto il resto avrei pensato dopo."

A Bacci quei soldi fanno troppo comodo e non sta troppo a considerare di essere arrivato a quel lavoro grazie all'intercessione di un amico che è anche un balordo. Sulle prime l'incarico sembra proprio essere una sorta di vacanza ben retribuita, dove lavorare è anche godere non solo dell'ospitalità ma anche delle grazie di Maria, la disinvolta babysitter del piccolo di casa, pronta a cedere al fascino del giovane investigatore. Nel volgere di poco tempo però l'idilliaca permanenza prende il tono cupo di una vicenda che lo segnerà nel corpo e nell'anima.
Questo noir di Bruno Morchio ambientato negli anni Ottanta disegna con efficacia il clima di intrecci tra politica e malaffare che si respirava nell'Italia di quegli anni, e nel contempo dipinge un convincente ritratto di colui che diventerà il protagonista dei suoi romanzi. L'attenta descrizione del carattere psicologico dei personaggi è uno dei tratti caratteristici e più apprezzabili della scrittura di Bruno Morchio - probabilmente grazie alla sua inclinazione professionale, e per il lettore è naturale entrare da subito in empatia con loro.
La narrazione si sviluppa sul filo del ricordo, dove le vicende passate si alternano a pagine in cui il focus torna ai giorni nostri, in una stanza d'ospedale, dove Bacci è in visita a Maria e insieme a lei ripercorre i momenti di quella che, sotto tutti i punti di vista, fu davvero una calda estate.

(NdR: curiosamente in questo romanzo la Vespa di Bacci Pagano non è il solito PX color amaranto che avevamo imparato a conoscere in altri volumi della saga dedicata all'investigatore genovese, ma una Sprint Veloce di colore bianco...).

UNO SPORCO LAVORO
Bruno Morchio
Garzanti

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Prima o poi l'adrenalina mi fotterà

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Il diario di viaggio di tre vacanze nei Balcani, con tre diversi mezzi di trasporto: una prima volta in moto con una una Kawasaki Drifter 800, la seconda a bordo di un Maggiolino Volkswagen e l'ultima, quella interessante per KmPV, in sella a una Vespa PX150.

Dario Polvara è uno stakanovista della guida, a prescindere dal mezzo che si trova a guidare la sua filosofia è quella di spararsi il migliaio di chilometri che lo separano dalla meta tutti o quasi in un unico tappone. Una filosofia che avrà una sua evoluzione e lo porterà a scegliere di volta in volta alternative di itinerario che non prevedano solo autostrada, ma anche tratti più godibili e panoramici.

Ignorante di meccanica quanto basta per vivere il viaggio nell'incertezza, ad ogni partenza è sempre più consapevole della sua unicità, che lo rende un personaggio simpatico e interessante e lo portano a una visibiltà social, con una discreta popolarita nell'ambiente dei Vespaclub, nostrani e balcanici, che si traducono in soste e incontri on the road.

Anche se la meta è sempre la stessa Dario Polvara è bravo nel trovare ogni volta nuovi stimoli per vivere il suo viaggio in maniera sempre entusiasta e adrenalinica, per lui superare un tratto trafficato o una fila di auto incolonnate sono situazioni eccitanti vissute come il passaggio a un livello superiore di un videogame, con tutti i rischi del caso, ma non dico di più per non spoilerarvi il finale a sorpresa.


Per acquistare il libro dovete rivolgrevi all'autore attraverso la sua pagina FaceBook


Viaggio in Oman

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VIAGGIO IN OMAN
Paolo Zambon
Ed. Alpine Studio

Torna in libreria - sempre con Alpine Studio - Paolo Zambon, ma non come ci si aspettava per raccontare il seguito del suo primo fortunato libro sulle strade dell'America Latina "Inseguendo le ombre dei colibrì", che si era chiuso con l'arrivo in Honduras senza raccontare tutte le settimane di strada che ancora mancavano per chiudere il cerchio e tornare in Messico.

"...ci arrampicammo sulla duna che dominava il nostro piccolo angolo di mondo: scooter e tenda. Il sole era sparito e aveva lasciato in cielo una gigantesca macchia violacea che si faceva via via più scura. Voltando lo sguardo verso sud le sabbie, o sarebbe meglio dire una massa sabbiosa impegnata in un movimento angoscioso e lento, si estendevano a perdita d'occhio e, d'un tratto, le fatiche e gli stenti a cui si sottoposero gli esploratori dei deserti divennero sensati, tale era lo spettacolo."

Nelle pagine di "Viaggio in Oman" ritroviamo l'autore sempre in sella al suo fido scooter*, e come sempre al suo fianco c'è Linsay, compagna di viaggi e di vita. Paolo Zambon si conferma un viaggiatore colto, la fase di studio pre partenza è attenta e meticolosa ed è così che anche questo suo viaggio, oltre ad essere un'avventura, è anche esplorazione e scoperta: "... mi sentii per un attimo come gli esploratori di un tempo, quelli di cui avevo letto le pagine zeppe di annotazioni culturali...".

La realtà dell'Oman è assai complessa ed è molto differente da quella percepita dal turista che in Oman ci va per passare le vacanze di Natale in un resort sulle belle spiagge del sud del paese. A Zambon bastano poche ore in territorio omanita per rendersi conto che questo viaggio sarà diverso da tutte le sue molteplici esperienze già vissute in giro per il mondo, da subito si trova a confrontarsi con una popolazione che sa essere disarmante per l'incoerenza dovuta al desiderio di godere gli agi della vita occidentale e al contempo si trova a dover fare i conti con una mentalità medievale, ancorata a ferrei dettami religiosi, dove al visitatore può capitare di sentirsi ammonire come mai avrebbe immaginato: "Perché in Europa lasciate entrare tutti? Perché non avete un sistema di visti come qui da noi? Volete venire a lavorare qui da noi? Pagate. Più rigidità, altrimenti verrete travolti."


La scrittura di Zambon è il riflesso del suo modo di viaggiare: i luoghi attraversati sono sì descritti per quelli che sono gli elementi del paesaggio: "Bastava una sosta per ascoltare il nulla, fotografare il nulla, osservare il nulla...", ma sono spiegati soprattutto con la narrazione storica di eventi e personaggi del passato che in qualche modo hanno legato il loro nome a quei territori. Un'attenzione al passato che sembra distrarlo da ciò che gli sta più vicino, compresa Lindsay, nominata assai di rado al punto da avere la percezione di leggere il resoconto di un viaggio in solitaria.
L'Oman contemporaneo è un pianeta affascinante, popolato da beduini - i nomadi per antonomasia ma oggi per lo più stanziali - passati nel breve volgere di pochi anni dai cammelli ai SUV 4x4. L'autore nelle sue pagine ci regala ciò che meglio gli riesce, il confronto tra l'Oman che incontra nel suo muoversi attraverso il paese con quello letto nelle descrizioni dei libri scritti dagli illustri viaggiatori che lo hanno preceduto. Un libro interessante e utile per chi vuole farsi un'idea di questa realtà emergente nel panorama delle mete turistiche. Un racconto a cui forse manca solo un poco di emozione in più.

VIAGGIO IN OMAN
Paolo Zambon
Ed. Alpine Studio


* Immagino non vi sia sfuggito il dettaglio che in tutta questa mia presentazione non compaia nemmeno una volta la parola "Vespa", ed è lo stesso anche nel libro. Da una parte è comprensibile in quanto lo scooter dell'autore, pur assomigliandoci molto, una Vespa di fatto non è (si tratta infatti del suo clone made in India, marca LML, modello Star de Luxe). Nel libro, coerentemente, viene definito genericamente "scooter", ma nell'economia di queste 200 pagine la sua presenza è a dosaggio omeopatico. Diciamo che - vespisticamente parlando - proprio il minimo sindacale per essere un titolo da "Chilometri di Parole in Vespa".

Altri Vespa-libri firmati da Paolo Zambon:
IN CENTROAMERICA (link)

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