Gli anni del nostro incanto

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GLI ANNI DEL NOSTRO INCANTO
Giuseppe Lupo
Marsilio

Per gli abituè di questo Weblog il fatto che una vecchia Vespa sia in grado di ispirare la penna di un bravo scrittore è cosa nota. Giuseppe Lupo con questo suo nuovo romanzo però va un passo oltre: la Vespa è ben presente ma lo è solo in fotografia e a tracciare la trama del racconto sono i ricordi evocati da una vecchia immagine in bianco e nero, che immortala una famigliola di passaggio a bordo di una Vespa.

"I fiori nel portapacchi papà li aveva regalati a mamma un mattino di aprile, per l'anniversario delle nozze. Aveva appena smesso di piovere, ma le strade erano asciutte, tanto che nella foto dove ci siamo tutti non si vedono pozzanghere. Io sono quella che mia madre stringe al petto. Ero nata quasi da un anno, ridevo come un angelo al vento della Vespa (...)"

La foto è un'istantanea scattata nei primi anni '60 lungo una strada del centro di Milano, le guglie del Duomo sfocate sullo sfondo. A bordo del vespone, cosa non inconsueta per quei tempi, padre, madre e due bambini: alla guida c'è Luigi - detto Louis, tra le sue braccia, ritto in piedi sulla pedana c'è il suo primogenito Bartolomeo - soprannominato l'Indiano. Al Posto del passeggero, seduta all'amazzone con le due gambe sullo stesso lato c'è Regina, moglie e madre, che tra le braccia stringe Vittoria, bimba in fasce che non ha ancora spento la sua prima candelina. La vicenda è collocata a una ventina d'anni di distanza da quello scatto fotografico. Siamo nel luglio del 1982, le giornate sono quelle del mondiale di calcio in terra di Spagna, quello poi vinto grazie ai gol di Paolo Rossi dagli Azzurri di Bearzot. L'ambientazione è quella di una stanza d'ospedale dove Regina è ricoverata, la diagnosi è amnesia post trauma. Regina non ricorda più nulla ne di sé ne di chi le sta attorno da una vita, chiusa in un mutismo ostinato e assente. L'unica cosa in grado di farle aprire bocca, fosse anche solo per farle ingurgitare una pasticca, è metterle davanti agli occhi quella vecchia fotografia.

"Il giorno della foto mia madre lo indica così: dice quel giorno senza specificare la data, che è il decimo anniversario del suo matrimonio. So che mio padre aveva cercato un tavolino libero al Bar Motta, in Piazza Duomo, e aveva guidato la Vespa con la caparbietà dei suoi anni giovani. So che aveva litigato con il vigile perché faceva schiamazzi con il clacson, ma poi, sfrontato e ribelle, aveva chiesto un chinotto al barista e l'aveva bevuto alla salute dei presenti, compreso il vigile che nel frattempo si era allontanato e papà lo salutava con un paio di corna. Mamma lo aveva redarguito: «Non si fa, Louis, non si fa...»"

Al capezzale di Regina c'è la figlia Vittoria, e quell'immagine stampata in bianco e nero pare essere l'unico grimaldello in grado  di far breccia in quel cervello spento. Ogni dettaglio di quella foto diventa un ricordo e Vittoria si trova a ripercorrere gli anni della sua infanzia e della sua gioventù. L'autore è bravo nel dipingere un ritratto credibile degli anni esaltanti dell'industrializzazione e del conseguente boom economico, dove c'era lavoro per tutti e non c'era timore nel firmare qualche cambiale per circondarsi di cose che certificavano il benessere raggiunto, vuoi che fosse il televisore, la Vespa o una cucina Salvarani "...azzurra come il cielo di Lambrate". Un arco di tempo che diventa l'epopea di una famiglia, con i suoi alti e i suoi bassi, dalla vita milanese sbarluscenta come la Madunina della prima metà degli anni '60, agli anni della contestazione alla fine del decennio, a quelli di piombo del terrorismo che insanguinò le strade di Milano.

"Il giorno in cui siamo entrati nella foto noi quattro sulla Vespa, quel giorno come lo definiva mia madre, eravamo a due passi dal luogo dove più tardi, negli anni, sarebbe arrivata a bussare la paura. (...) Milano dalle mille luci, la sua Milano, si era sporcata di sangue."

Il lettore è testimone del confronto generazionale tra i genitori in cerca di un riscatto sociale dopo aver vissuto l'incertezza del secondo dopoguerra e i figli, nati in un Paese nuovo che va incontro a un periodo di prosperità e agiatezza ma anche di contestazione.  A scandire le pagine di Giuseppe Lupo e a collocarle il lettore nella giusta dimensione temporale tanti piccoli ganci, brani di canzoni, réclame di detersivi, avvenimenti di cronaca o sportivi che calano il lettore nel colore di quegli anni.

"Che gran Milàn si muoveva sotto il Pirellone! Mio padre non voleva perdersi il gusto di scovarla, questa benedetta via Gluck (...) e quando riuscì a percorrerla tutto d'un fiato con la Vespa (...) si convinse che quella strada non era una delle tante (...). Fermò la Vespa a bordo marciapiede, stette fermo qualche minuto a guardare e, a bassa voce, a ripetere "questa è la storia di uno di noi...".

Una scrittura elegante e ad un certo modo poetica per un racconto che porta a riflettere sull'importanza dei ricordi nella vita di ciascuno di noi.

"Nessuno poteva immaginare che quella strada, su cui la Vespa avanzava libera e gradassa, sarebbe entrata nel nostro destino familiare e certo non per i semafori, non per i cartelloni pubblicitari, non per le guglie del Duomo dietro i tetti, ma per quella strana materia che sono i ricordi: niente più che un bosco di ombre, dove torniamo ogni tanto per veder scorrere il film della nostra vita.".

GLI ANNI DEL NOSTRO INCANTO
Giuseppe Lupo
Marsilio

Questo libro è disponibile tra i titoli a catalogo della LIBRERIA UNIVERSITARIA: acquistandone una copia attraverso i link pubblicati in questo Weblog una piccola percentuale della vostra spesa contribuirà al mantenimento di “Chilometri di Parole in Vespa”. Grazie!


CR*61242

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CR*61242
Riccardo Rossi
Amazon Self Publishing

Quando, attratto da una bella copertina dedicata, mi trovo a leggere pagine di potenziale narrativa vespistica ho sempre il timore di aver frainteso, di restarne deluso (vespisticamente parlando intendo). Ci sarà abbastanza Vespa da giustificarne la segnalazione in questo Weblog? Anche perché non esiste una formula matematica che definisca quale sia la percentuale di Vespa necessaria a un testo per rientrare nella categoria. Nei romanzi di Bruno Morchio ad esempio la Vespa compare in dosi omeopatiche, a fare la differenza è la maniera in cui l'autore utilizza questo dettaglio per delineare il personaggio di Bacci Pagano.
Il timore con CR*61242 era quello di trovarmi tra le mani l'ennesima copertina vespisticamente ruffiana e stop, ed in effetti anche in questo romanzo d'esordio di Riccardo Rossi la Vespa è dosata con il contagocce, ma le va riconosciuto a pieno titolo un ruolo chiave nella storia, e per non spoilerare non dico nulla di più.
CR*61242 si lascia leggere volentieri e credo di non sbagliare se dico che potrà essere apprezzato più dagli over 40 che dalle nuove generazioni. Riccardo Rossi è bravo nel tratteggiare le atmosfere di una cittadina di provincia del nord Italia nel periodo a cavallo tra gli anni '80 e '90, non per nulla furono gli anni d'oro del modello PX, che fecero vivere allo scooter di Pontedera un secondo boom dopo il declino di vendite del decennio precedente. Nelle pagine di Rossi c'è tutto il fascino di quegli anni memorabili, di quello che c'era e di quello che non c'era: niente Internet, niente Whatsapp, niente smartphone. Era l'epoca delle telefonate al fisso di casa con il fatidico "attacco io o attacchi tu" a fine conversazione. Anni magici, come magiche furono le notti dei mondiali di calcio, "inseguendo un gol" per dirla con le parole della Nannini, notti di caroselli in Vespa per celebrare i successi suggellati dai gol di Totò Schillaci, purtroppo sufficienti soltanto a sfiorare quel titolo mondiale che sarebbe arrivato solo nel nuovo millennio.

"La vecchia Poderosa targata CR*61242 era insieme strumento e simbolo di quel loro amore, compassato ma caparbio, capace di accelerare a strappi alle volte, una miscela di benzina e olio al due per cento, in grado di godere del paesaggio, andando a passeggio, ma anche di tagliare il vento spingendo a manetta sul gas e piegando in curva quando necessario."

È davvero buono il ritmo della narrazione, soprattutto nella prima parte del volume, nonostante la trama non abbia sviluppi particolari. La vicenda è una storia d'amore, con buoni, cattivi e ovviamente una bella. Nello specifico Maila, nel ruolo di bellissima Cenerentola meticcia, con il papà persiano che lavora come bergamino nelle stalle del cremonese e la mamma italiana di umili origini, e l'occasione è ghiotta per strofinare la storia con il tema dell'integrazione, argomento di maggior attualità oggi che non trent'anni fa. Il cattivo è Massi, viziato figlio della borghesia di provincia. Il buono è Seba: con la sua semplicità riuscirà a conquistare il cuore della bella fanciulla color caffelatte dagli occhi neri come le notti di Isfahan? Questa del colore degli occhi è una metafora ripetuta spesso nel testo, forse troppo, così come altri concetti ribaditi più volte, che finiscono per infastidire nella lettura. Nella leggerezza spensierata dell'insieme di questa vicenda romantica a stridere un po' sono anche descrizioni troppo dettagliate di intime situazioni, sfumature "hot" delle quali non si capisce la necessità ai fini dello sviluppo della storia.
In ogni caso, un po' (ma solo un po!) come con "L'amore è sempre la causa" di  Luca Bertelli anche con Riccardo Rossi e il suo CR*61242 la Vespa si conferma valida musa ispiratrice per chilometri di pagine d'amore.

"Maila montò in sella, aprì il bloccasterzo alla base del manubrio e con un paio di vigorosi dondolii in avanti la tirò giù dal cavalletto; da ferma era certamente più pesante di una E3 Primavera, ma poi da guidare in movimento con la giusta prudenza sarebbe stata più o meno la stessa cosa. Girò la chiave di accensione, diede un calcio forte alla pedivella e la vecchia Poderosa si accese al primo colpo. Seba si lasciò sfuggire un'espressione ammirata sul volto.
«Andiamo?» gli chiese lei, con il sopracciglio mezzo sollevato..."

CR*61242 è uscito in prima edizione nel 2017 per i tipi di Scatole Parlanti. Dal 2018 è commercializzato a cura dell'autore sulla piattaforma self publishing di Amazon, potete acquistarlo in edizione cartacea a QUESTO LINK oppure in versione digitale a QUESTO LINK

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Una magica Vespa verso Istanbul

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UNA MAGICA VESPA VERSO ISTANBUL
Gaetano Dal Santo
(pubblicato in proprio)

Il viaggio, quello in Vespa in particolar modo, di norma si sviluppa in tre fasi ben distinte: prima il progetto e la sua preparazione, poi lo svolgimento lungo la strada per concludersi con una terza fase che ha tempi indefiniti, il post viaggio.

L'elaborazione dell'esperienza fatta, la sedimentazione delle emozioni vissute, fanno si che sia difficile stabilire quando un viaggio possa dirsi effettivamente concluso. Possono trascorrere settimane, mesi o anche anni, tanti anni.
Per Gaetano Dal Santo di anni ce ne sono voluti ben 40 per riuscire a chiudere il cerchio mettendo su carta (finalmente!) quello che a ragion veduta, a quarant'anni di distanza, può ragionevolmente definirsi il suo viaggio della vita. Un viaggio il suo che probabilmente farà sorridere chi ritiene che per considerarsi tale un viaggio debba contemplare mesi di vagabondaggio o decine di migliaia di chilometri.

A Gaetano sono bastati una decina di giorni di Vespa e meno di 5.000 chilometri per raggiungere Istanbul e tornare a casa in solitaria, con in mezzo una pausa di una settimana di vacanza in Romania, perché in fondo Gaetano era partito per una vacanza e quello doveva essere. Probabilmente nemmeno lui era ben conscio di cosa significasse attraversare quelli che oggi sono i vari stati balcanici mentre allora erano un unico stato, la Jugoslavia, che passare i confini attraversando le severe dogane dei paesi dell'Est non sarebbe stata una passeggiata. Un epoca vicina eppure così remota in cui per mantenersi in viaggio prima di partire era necessario procurarsi denaro nelle valute dei vari stati che si sarebbero attraversati.
Tutte cose inimmaginabili per chi quarant'anni fa nemmeno era nato e che si possono oggi rivivere nelle pagine di questo libro, descritte con stupore e disincanto quasi la cronaca fosse in tempo reale e non differita di quattro decenni.

Una particolarità di questo libro è il fatto che nel medesimo volume oltre alle pagine in italiano è possibile trovare anche la traduzione in francese, in inglese e in olandese.

Per l'acquisto del libro rivolgetevi direttamente all'autore a questa mail:  gaetano49@outlook.it
p.s.: e mi raccomando, ditegli che arrivate tramite "Chilometri di Parole in Vespa"!

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Eurovespa

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EUROVESPA
Simone Sciutteri
Amazon Publishing

Nonostante la giovane età Simone Sciutteri vanta diverse significative esperienze di viaggio. Fa parte di quella moltitudine di viaggiatori che si sono messi in strada stimolati dalle avventure e dalle pagine del compianto Giorgio Bettinelli (del quale in questo 2018 ricorre il decennale della scomparsa). Un po' come fu per l'indimenticato Mister Vespa anche Simone si scopre vespista quasi per caso. Recupera una Vespa dimenticata in garage da anni e la rimette in strada.  È un cinquantino, una piccola PK rossa con la quale è difficile immaginarsi a fare grandi viaggi ma con la quale si possono fare grandi sogni se si è disposti al sacrificio e alla sofferenza.

Pari alla sua brama di conoscere e di abbracciare l'Europa c'è la voglia di fare un'impresa, cosa che si evince dal sottotitolo scelto per questo suo diario di viaggio: "15.580 chilometri in solitaria invernale su una Vespa 50", un claim perfetto per riassumere al meglio la chiave di lettura di questo libro. Simone non fa mistero di ambire ad entrare nel Guinnes dei Primati come l'autore "del viaggio più lungo mai compiuto a bordo di un 50cc", in solitaria e in inverno per giunta.
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La stagione climaticamente non è la più indicata, soprattutto se si ha in programma di avventurarsi a nord, nelle foreste finlandesi, ma la scelta è obbligata dal suo lavoro di gestore di uno stabilimento balneare nel Ponente ligure. Se per Bettinelli l'essere diventato il recordman dei globetrotter in Vespa è stata la conseguenza delle fatiche imposte dal viaggio e dalla strada, per Simone a volte sembra che ci sia quasi una "ricerca" delle difficoltà che possano dare ancora più spessore ad un'impresa già notevole di per se: toccare con le ruote della sua Vespa tutti i Paesi d'Europa, quelli che già ne fanno parte e quelli in predicato di farne parte in un prossimo futuro.
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Un viaggio che sa essere spensierato come un Erasmus itinerante ma vissuto come un'esperienza consapevole dei luoghi attraversati, come il passaggio attraverso i Balcani che ha significato tenere presente dettagli che si possono cogliere solo ai ritmi slow di un viaggio a 50cc, come il muro di una casa sbrecciato perché non molti anni prima proprio lì è esplosa una granata. Tanti che abitavano da quelle parti ora riposano in quel piccolo cimitero dove le date di morte sulle lapidi sono tutte drammaticamente ravvicinate tra loro.
Quattro mesi di cammino, con amici ed ex compagni di studi da incontrare lungo la via, sparpagliati come è possibile solo in una realtà senza confini come quella europea, con Simone che cerca di capire se in Europa è davvero tutto così come sembra.
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Viaggiare a lungo e da soli non è una cosa alla portata di tutti e le difficoltà vere non sono i guasti, il freddo, la pioggia e i vari contrattempi che la strada regala a piene mani. La stoffa di un viaggiatore la si vede alla sera, quando il motore è spento:
"Come mi fermo, arriva la domanda chatwiniana che ho imparato a conoscere durante i miei viaggi passati: che ci faccio qui?".
Molto spesso è proprio la strada a rispondergli: "(...) il viaggio ha un suo spirito e la cosa migliore che posso fare e dargli retta. Ogni viaggio ci dice ripetutamente qualcosa, se solo gli diamo modo di farsi sentire. Segnali, incontri, suggerimenti. Il fatto è che a volte siamo così organizzati e concentrati su noi stessi e sui nostri piani (...) che ci dimentichiamo che stiamo attraversando un mondo sconosciuto e imprevedibile, ma vivo, che ci può parlare, aiutare, indirizzare."

Alla fine della strada sarà il viaggio a prevalere rispetto all'impresa. Il record per il piú lungo tragitto in sella a un 50cc è conquistato, ma non c'è alcuna fretta di inviare le carte per chiederne l'omologazione.




EUROVESPA
Simone Sciutteri
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Cartoline dalla fine del mondo

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Paolo Roversi
CARTOLINE DALLA FINE DEL MONDO
Marsilio

«Io ti spiegherò come cadere in un buco nero e non ricomparire mai più.»
«Mai più?»
«Questo dipende ta te (...). Ora dimmi quali sono le cose che ti stanno più a cuore?» 
«Così su due piedi?»
«Il tempo corre.»
«Be', i miei genitori, il mio cane Buk, la mia Vespa gialla, (...).»

Leggere queste righe già nelle prime pagine di "Cartoline dalla fine del mondo" scalda il cuore del vespa-lettore e lo predispone al meglio per tuffarsi in questa nuova avventura del personaggio uscito dalla penna di Paolo Roversi, il giornalista hacker Enrico Radeschi. In quest'ultimo capitolo delle sue avventure Radeschi in verità è molto più hacker che giornalista, colpa di quelle imprevedibili deviazioni che può prendere la vita quando qualcuno ha giurato di farti la pelle. Più che una fuga la sua è una scomparsa, senza lasciare tracce e senza dare spiegazioni, lontano dalla sua Milano per rifugiarsi là dove nessuno ti verrebbe a cercare. Lontano dai suoi affetti e lontano dal suo Giallone, come lui ben nascosto in una losca officina di via Padova. Anni e anni di esilio che si interrompono solo quando l'amico Loris Sebastiani - gran masticatore di toscanelli nonché vicequestore e capo della Mobile milanese - lo va a stanare per tornare ad averlo al suo fianco in un'indagine: c'è da fermare un serial killer che insanguina Milano e sfida le forze dell'ordine nascosto nel mondo virtuale di Internet, ma i suoi delitti sono terribilmente reali. Crimini tanto sofisticati quanto letali nella loro crudele messa in atto, con Leonardo Da Vinci, le sue opere d'arte e le sue invenzioni a fare da fil rouge.

Sinossi editoriale: "Milano: durante un esclusivo party all’interno del palazzo dell'Arengario, sede del museo del Novecento, uno degli invitati viene misteriosamente ucciso sotto il celebre quadro di Giuseppe Pellizza da Volpedo, "Il quarto stato". Il vicequestore Loris Sebastiani, incaricato delle indagini, capisce subito che in quel delitto qualcosa non torna e che avrà bisogno di aiuto per catturare il misterioso hacker che si fa chiamare Mamba Nero, tenendo in scacco la polizia. Solo una persona può fare al caso suo: il giornalista e hacker Enrico Radeschi. È tempo che rientri in servizio, ovunque si nasconda da otto anni. Comincia una vera e propria partita a scacchi con Mamba Nero, che continua a mietere le sue vittime, ispirandosi a Leonardo da Vinci. Enrico Radeschi è tornato!"

Radeschi torna così nella sua Milano e quasi stenta a riconoscerla tali sono i cambiamenti che ne hanno trasformato la skyline e non solo nel dopo Expo. Sempre uguale ed immutabile invece la sua Vespa: "La scorgo ancora prima che mi venga indicata. Piena di polvere e dimenticata in un angolo: il Giallone. La mia Vespa del 1974 ridipinta a bomboletta color giallo canarino. (...) L'ora successiva la trascorro a ripulirla, smontarla, oliarla, coccolarla. Quando possiedi una Vespa d'epoca* sai di avere una missione. Ogni giro in sella te lo devi guadagnare, niente va mai dato per scontato."
Un thriller in piena regola con una trama in equilibrio tra la novella noir e il giallo di indagine dove nulla è mai quello che sembra, che gioca con il lettore, prova a spiazzarlo e spesso ci riesce. Una narrazione che si avvicina molto a quella di genere delle grandi penne d'oltre Atlantico.

Paolo Roversi in questo inizio del 2018 torna in libreria con una doppia uscita. In contemporanea a "Cartoline dalla fine del mondo" esce anche un altro romanzo con Radeschi protagonista, "Blue tango", nuova edizione aggiornata e corretta di un romanzo uscito una prima volta nel 2006 per i tipi di Stampa Alternativa, riproposto nel 2012 da Mursia con un altro titolo "La marcia di Radeschi" e che ora entra a far parte del catalogo dell'editore Marsilio.

* Il mio ruolo di recensore vespista mi impone una tiratina di orecchi per la topica in cui è incorso l'art director che ha impaginato la copertina di "Cartoline dalla fine del mondo". Se da una parte è bello e sacrosanto che in bella mostra campeggi una Vespa gialla giusto sarebbe un piccolo sforzo in più e riprodurre un modello degli anni '70 e non quello di una Vespa di ultima generazione. Un po' come se sulla copertina della biografia del Barone Rosso al posto del suo celeberrimo triplano fosse riprodotta l'evoluzione in cielo di un caccia della Seconda Guerra Mondiale: che c'azzecca?

Paolo Roversi
CARTOLINE DALLA FINE DEL MONDO
Marsilio

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