(segnalazione)
“Fu una bella festa, quella sera. Una festa che sarebbe durata tre anni, e forse qualcosa di più.”.
Dalla sinossi editoriale:
Ambientato nella seconda metà degli anni ‘90, il libro narra la storia di un gruppo di adolescenti e cerca di addentrarsi in quella che è l’età forse più difficile da analizzare, perché ricca di mille sfaccettature.
L’adolescenza è infatti il periodo della vita in cui finisce l’infanzia e si comincia ad avvertire il diritto a ritagliarsi una propria indipendenza; è il momento nel quale gli amici soppiantano i genitori nel ruolo di confidenti, quello in cui sbocciano aspirazioni come fiori di primavera e le prime esperienze sono condivise all’interno di un ristretto gruppo di coetanei. È l’età dei segreti, dei “vorrei ma non posso”, degli sbagli che non sono sbagli perché non si ha l’esperienza per capirlo; l’età delle scoperte, delle passioni, delle illusioni. L’età della magia, quella in cui tutto sembra possibile. Quella che forma il carattere, che ci trasporta nell’era della maturità, quando gran parte degli amici d’infanzia si saranno dispersi come granelli di polvere al vento, lasciandoci in eredità il bagaglio di conoscenze necessario a diventare adulti.
Come afferma uno dei più grandi scrittori contemporanei, Stephen King, “Scrivi quel che ti pare, ma scrivi onestamente. Non barare, perché il lettore se ne accorgerebbe”. Nelle pagine di questo libro non leggerete perciò di ragazzi che bevono Coca-Cola mentre decantano poesie; vi potrà capitare invece di imbattervi in contesti che magari risulteranno passibili di giudizi morali, ma allo stesso tempo suoneranno familiari a molti ragazzi di quella generazione, come il viso di un vecchio compagno di scuola incontrato per caso a distanza di molti anni.
Perché in realtà, non c’è niente di straordinario nei racconti che seguono. Sono storie comuni, storie di tutti i giorni. Storie di ragazzi normali. Storie degli anni ‘90.
- Musò. - chiamò all’improvviso Psyco.
- Oh. -
- Va a prendere la Vespa e accendila. - Aveva lo sguardo fisso verso il muro della scuola, con l’aria di chi sta tramando qualcosa.
- Eh? -
- Va a prendere la Vespa e accendila. -
-Ma che Vespa? -
- La tua, salame! -
- Ma ci sono seduto sopra, stordito! -
- Ah! Allora scendi e vai a prendere il mio motorino. -
- E dopo? -
- Dopo portalo qui. -
- Sì, ma che dobbiamo fare? -
- Poi te lo spiego. -
Musone lo squadrò un momento cercando di capire quanto parlasse sul serio, dopodiché si alzò dalla Vespa e senza fare altre domande andò a prendere il Sì parcheggiato a poca distanza. Gli altri seguirono le operazioni in religioso silenzio. Quando Musone arrivò, Psyco gli fece cenno di spostarsi indietro per lasciarlo sedere al posto di guida.
- E adesso? -
- E adesso gli passiamo davanti! -
- Davanti a chi? -
-Agli sbirri, no? -
- Ma sei scemo? In due e senza casco? -
- Sì, ma mica ci fermiamo, ci facciamo inseguire. -
- Ma che cazzo dici, Psy’? - domandò il Toscano a bocca aperta. Era una cosa abbastanza folle anche per uno come lui.