Dodici giorni

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Dodici giorni. Meno di due settimane. Un periodo di tempo sufficientemente lungo perché un viaggio possa definirsi tale? Qualcuno potrebbe obiettare: dipende dai chilometri percorsi. Nello specifico “...più di quattromila”, chilometraggio certificato da un non meglio identificato “strumentino montato sulla Vespa di Enzo”, compagno di viaggio di Paolo Galmacci che ha condiviso con l'autore la strada narrata in queste pagine. Come spesso accade però a fare di un tragitto un viaggio non sono la quantità di giorni passati per strada o le migliaia di chilometri percorsi in quel determinato arco di tempo, ma piuttosto la sensibilità individuale di chi si trova a percorrere quel tragitto e la sua capacità di assorbire sensazioni e stati d'animo.

- Ma dove volete andare?
- In Belgio.
- In Belgio?
- Sì, andiamo al raduno mondiale delle vespe...
- Ehi, hai sentito? Questi devono arrivare in Belgio! Però di qui non vi conviene, dovete prendere l'autostrada.
- Noi non facciamo l'autostrada.
- Ah, già, la Vespa non ci può andare!
- No, le nostre vespe ci possono andare, siamo noi che non vogliamo, ci piace fermarci quando ci pare, osservare i posti, parlare con la gente...

Per partire, a volte, serve un pretesto. In questo caso la scusa per riempire lo zaino, caricarlo sul portapacchi e partire in sella ai propri scooter sono stati i Vespa World Days edizione 2013, che quell'anno si tennero ad Hasselt, in Belgio. Galmacci è più un vespista da strada che da vesparaduni, ma l'occasione di tornare in Belgio in sella al suo PX è troppo ghiotta. Il Belgio infatti, in qualche maniera, è stata una costante nella vita dell'autore, un paese che più volte ha incrociato la strada della sua vita. Era belga “una ragazza per niente carina” che fu il contatto epistolare che gli venne assegnato quando ancora era studente. E fu un belga anche il professore con cui condivise l'esperienza di uno scambio di docenti in ambito CEE, nei primi anni '90, esperienza lavorativa che lo portò a vivere per qualche tempo proprio nella cittadina capoluogo della provincia fiamminga del Limburgo belga. All'emozione del viaggio si somma quindi quella di tornare, a una ventina d'anni di distanza, in quella stessa città. Con il mega vesparaduno mondiale a fare da sfondo l'autore si trova a rivedere luoghi del suo passato che lo portano a ricordare quei suoi giorni da professore in trasferta. La solitudine vissuta, le difficoltà ad ambientarsi, e il caro ricordo delle persone che gli furono amiche. A distanza di tanto tempo rintracciarli non è cosa semplice ed è grande l'emozione di ritrovarne alcuni e trascorrere almeno qualche ora in loro compagnia. Quando il grande evento vespistico si chiude e le migliaia di partecipanti fanno rotta verso casa, l'autore e il suo compagno invece di  puntare il manubrio dei loro scooter verso sud fanno rotta verso nord, destinazione Amsterdam. Arrivare fino ad Hasselt è stata una lunga trasferta ma in qualche modo il viaggio vero, per l'autore e per i suoi lettori, inizia adesso. 

“Dopo un'oretta di viaggio in assoluta solitudine ci troviamo in un groviglio di cavalcavia, di autostrade a quattro o cinque corsie, di direzioni contrastanti in gallerie e sopraelevate. (…) La magnifica Anversa ci accoglie sotto una pioggia fine e tediosa.”

Paolo Galmacci è un docente e il suo è uno scrivere colto, senza però mai prendere toni professorali. La descrizione dei luoghi non è mai banale ed è bravo nel cogliere dettagli grazie ai quali il lettore si trova a viaggiare con lui in queste sue pagine. La narrazione si snoda tra le vicissitudini del viaggio, tra la ricerca di stanze a un prezzo decente e la necessità di trovare l'aiuto di un meccanico o di un gommista, col maltempo che costringe a fermarsi sotto i ponti per attendere che spiova. Ad inframmezzare la cronaca del tempo trascorso in sella un prezioso corollario di interessanti nozioni geografiche e politiche, perché viaggiare non è solo conoscere un paese nel momento in cui lo si attraversa ma anche conoscerne la storia, gli usi e i costumi. Una lettura piacevole quanto una chiacchierata tra vespisti al tavolo di un pub, dove tra una birra e l'altra è bello ascoltare i racconti di viaggi che solo la Vespa riesce sempre a trasformare in avventure.

“Va detto qui di sfuggita che un problema tipico della Vespa è proprio questo: si tratta di un mezzo di trasporto così straordinariamente versatile che ci puoi andare dappertutto; quindi non ci rinunci proprio mai, ce l'hai sempre attaccata al sedere, la Vespa, anche quando potresti ragionevolmente andare a piedi. Così accade che il vespista cammina poco, alla lunga gli si infiacchiscono le gambe e gli cresce un po' la pancia. Ma diciamo che ne vale la pena, è un male tutto sommato sopportabile in cambio di tutto il resto che la Vespa ti fa scoprire e godere.”


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