La ferocia dei vinti

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“... mi basta un colpo di pedivella per sentire il brontolio inconfondibile del suo motore e far riaccendere, è proprio il caso di dirlo, un amore. Un canto profumato di miscela che sa di viaggi in Grecia, mare, vento sulla faccia, nottate di cronaca nera, braccia strette intorno al petto e mille ricordi”.

Un giornalista, protagonista di un romanzo, che per le sue indagini gira in Vespa... questo plot narrativo non vi ricorda qualcosa? Chi è uso frequentare questo Weblog avrà già capito: il sottinteso è riferito alle pagine di Michele Navarra con i casi dell'avvocato Gordiani con il suo fido PX bianco, ma anche alle avventure dell'hacker Radeschi in sella al suo vespino giallo firmate da Paolo Roversi, così come ai romanzi di Bruno Morchio con le gesta di Bacci Pagano con il suo bel vespone amaranto.

Ad aggiungersi ai sopra citati ecco a voi una straordinaria new entry al suo debutto nel panorama del genere noir-vespistico nostrano che, dopo il Lazio e le strade capitoline di Navarra/Gordiani, la Lombardia delle scorribande padano-meneghine di Roversi/Radeschi e la Liguria dei genovesi Morchio/Pagano, mi consente di andare a conficcare un altro spillo segnaposto nella mappa delle Regioni in cui sono ambientate pagine di narrativa giallo-vespistica: la Puglia e la zona salentina, con questa indagine  giornalistica di Ettore Santi, cronista di nera ma soprattutto fiero proprietario di Bianca, una Vespa PX 200 modello Arcobaleno del 1984, il protagonista di LA FEROCIA DEI VINTI, pagine davvero godibili frutto della penna di Antonio Morrone.

“Procedo lentamente, coccolato dal suono cadenzato del motore, sotto un cielo bizantino che indolente e beffardo è sovrano di tutte le bandiere che invasori e conquistatori hanno tentato di imporre a questo lembo di terra sospesa tra due mari. (…) Questo è il cuore della Grecia salentina, uno dei luoghi più magici ed esoterici del salento e dell'intero meridione, intriso di misteri e leggende...”.

Sento di dovermi complimentare con i redattori di Capponi Editore per il lavoro di scouting che oggi ci permette di leggere questa che è l'opera prima di Morrone, al suo debutto come romanziere ma già affermato professionista dello scrivere.

“Lungo la strada del ritorno Bianca sembra scrivere sull'asfalto un nuovo capitolo di una storia d'amore in cui i protagonisti siamo noi due, lo sfondo è la bellezza del Salento e la colonna sonora le canzoni dei Negramaro che cantiamo a squarciagola...”.

La trama è ben riassunta dalla sinossi editoriale:
Ettore Santi è un giornalista innamorato del proprio lavoro e della verità. Una mattina, mentre è impegnato in uno dei suoi consueti allenamenti di corsa, trova una foto che lo proietta in una tragica vicenda accaduta trent'anni prima, la sparizione di un bimbo di soli sette anni: Antonio. Un mistero rimasto irrisolto, che rimanda agli anni più bui della Sacra Corona Unita, tra agguati e faide sanguinarie. Sullo sfondo di un Salento fatto di contrasti e chiaroscuri Santi ci conduce, a bordo di Bianca, la sua inseparabile Vespa del 1984, alla scoperta di una terra bellissima, la Grecìa salentina, raccontando ascesa e declino di una generazione criminale sconfitta dalla storia e dalla giustizia degli uomini. Un romanzo in cui le vicende dei protagonisti si intersecano con i fatti di cronaca e i grandi avvenimenti della Storia, scandito da grandi amicizie e luoghi pieni di magia, corse a perdifiato e amori difficili, musica e libri, cibo e racconti, misteri e antiche tradizioni.


La narrazione si alterna su due piani temporali che viaggiano in parallelo alla distanza di trent'anni, l'estate del 1993 quando si consumò il delitto che diventa il “cold case” su cui poi, nella torrida estate del 2023 si troverà a indagare Ettore Santi.

Credo di poter dire che in questo romanzo la Vespa è a tutti gli effetti un personaggio con un suo ruolo ben delineato, piccolo ma non per questo marginale, un aspetto davvero apprezzabile di questo racconto. Chi mi segue sa che non ho mai fatto mistero della mia amarezza quando mi trovo a leggere volumi ascrivibili al genere giallo-noir vespistico in cui poi - ahimè - scopro che la Vespa, ostentata nell'immagine di copertina e spammata ovunque dalla promozione, viene poi umiliata con citazioni in dosaggio omeopatico e la superficialità di una narrazione distratta (ogni riferimento all'ultimo libro di Roversi/Radeschi non è per nulla casuale).

In questo romanzo di Morrone invece, con molto piacere, si gode dell'esatto contrario nonostante non ci sia nessuna Vespa sbattuta in copertina, nemmeno nel titolo o nel sottotitolo, se ne trova giusto una fugace citazione nella sinossi riportata nell'aletta. 

La Vespa la si incontra solo una volta che ci si immerge nella lettura del romanzo, e la considerazione che le riserva l'autore, con le sue parole, in tante sue pagine, è una dimostrazione non solo di grande rispetto ma anche d'amore verso questo scooter che, per tanti che lo possiedono – o che ne hanno posseduto uno, rappresenta molto più che un banale mezzo di trasporto.

“Il piccolo autocarro si fa sotto minaccioso, poi improvvisamente aumenta la velocità, si affianca e mi taglia la strada, provo a evitarlo ma perdo il controllo della Vespa, che mi disarciona come un cavallo imbizzarrito. Bianca scivola su un fianco, mentre io cado battendo violentemente la spalla destra sull'asfalto. (…) Una persona si avvicina per prestarmi soccorso, è un uomo di cinquant'anni, che mi aiuta a rialzarmi (…). … il vespone si riaccende al secondo colpo di pedivella, a dimostrazione – ancora una volta – dell'eterna affidabilità di questo mezzo dalle ruote piccole e dal carattere forte, di quelli che non ti  abbandonano mai”.

Andrea Morrone
L'attaccamento del protagonista alla sua Vespa si fa metafora dell'attaccamento alle cose che contano, alla sua terra, ai suoi affetti. Nel romanzo c'è anche un'altra efficace chiave metaforica, la corsa: Ettore Santi è uno sportivo, corre, si allena per partecipare a una maratona. Una prova di resistenza dove la tenacia e la determinazione contano più della forza. Tenacia e determinazione indispensabili anche per risolvere un vecchio caso ormai dimenticato seguendo un percorso non privo di ostacoli, una sfida che ha un unico obbiettivo: tagliare il traguardo per fare giustizia e dare finalmente un nome al colpevole.

Se, come usa dirsi, il buongiorno si vede dal mattino, be', sono convinto che questa avvincente indagine di Ettore Santi, con i suoi vagabondaggi in sella a Bianca attraverso l'aspra bellezza della Grecia salentina, sarà solo il primo episodio di una serie di romanzi che gli auguro lunga e mi auguro altrettanto appassionanti.

Attenzione, piccolo spoiler: nell'ultima pagina questo romanzo regala anche un piccolo coup de théâtre, una sorta di indizio hitchcockiano con l'intento - forse - di rivelare qualcosa al lettore più attento. Nello svolgersi di un dialogo tra Ettore Santi, protagonista del romanzo, e suo padre, questi si rivolge al figlio chiamandolo “Andrea”, nome di battesimo dell'autore... un dettaglio che mi piace pensare sia magari un involontario lapsus, un “refuso” che svela ciò che il lettore già sospetta, ovvero che Ettore Santi è in realtà l'alter ego dell'autore.


In collaborazione con Capponi Editore, che ringrazio per la disponibilità.

Era l'anno di nero a metà

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ERA L'ANNO DI NERO A METÁ

“... il 24 luglio 1978, sebbene non ancora quattordicenne, uscivo emozionatissimo, dopo tanta attesa, in qualità di unico proprietario, dall'officina della Piaggio di Corso Vittorio Emanuele a Castellammare di Stabia, in sella a una nuova, fiammante Vespa 50 Special bianca. Sì, proprio Lei, La Portentosa, ancora ignara, in quei momenti di teneri e un po' striduli scoppiettii da rodaggio appena all'inizio, delle alte gesta che il destino aveva già scritto per lei.”

Che questo Vespa-libro firmato da Mauro Pepe mi avrebbe dato delle soddisfazioni mi è stato chiaro fin da subito:

“Era il 1980 e noi avevamo entrambi quindici anni. Settembre era ormai inoltrato, in casa soli, nella pancia “le farfalle”. Dopo un'attesa spasmodica, sebbene non lunga, il giorno della partenza era finalmente arrivato: Alfonso, il mio amico fraterno e io, Mauro, stavamo per metterci in viaggio alla volta di Roma, in sella a La Portentosa, la mia Vespa 50 Special, bianca, modificata con gruppo-motore 90cc, sella 125 ET3 Primavera, marmitta Sito, portapacchi posteriore, customizzazione “must” dell'epoca...”.

Sono bastate queste poche righe che nel primo capitolo seguono l'incipit per capire che la storia di questo viaggio in Vespa – una storia vera, come specificato in copertina – un viaggio tutto sommato breve, in fondo sono poco meno di trecento i chilometri che separano Gragnano (NA) da Roma– in realtà sarebbe arrivato molto più lontano.

L'unità di misura che dà valore a questa esperienza non sono infatti i chilometri, non è la distanza, bensì il tempo. E il tempo non è quello impiegato per percorrere il tragitto che separa la partenza dalla meta viaggiando su strade secondarie, il tempo che dà valore a questo viaggio sono i quarantacinque anni trascorsi da allora a oggi che è stato messo su carta, un tempo lungo quasi quanto una vita che non è stato però sufficiente a far cadere quell'esperienza nel dimenticatoio, tutt'altro.

Quello di Mauro e Alfonso è un viaggio clandestino, a quindici anni non puoi fare a meno di dire ai tuoi genitori che hai deciso di andare a Roma, dagli zii, per avere ancora qualche giorno di vacanza negli ultimi giorni prima di tornare a scuola. A quindici anni però hai ancora intatta la beata incoscienza di lasciar credere che a Roma ci andrai con il mezzo di trasporto più logico, il treno, mentre invece tu e il tuo amichetto avete già deciso che questo non sarà un normale viaggio, questa sarà la vostra grande avventura!

Un'avventura in Vespa per un viaggio tanto clandestino quanto improvvisato, in un'epoca remota in cui l'unica maniera di pianificare un tragitto era seguire la via facendo scorrere la punta del dito su una riga colorata stampata sulla carta di una mappa stradale, ed è così che un viaggio in Vespa si fa pura emozione.

“... nessuna meta ci era preclusa! Era la sensazione, tutta nuova nella nostra vita, che quel vagare liberi ci stava facendo scoprire, inebriandoci.”

All'euforia della partenza si alternano i timori per le incognite che riserva il non sapere cosa troverai dietro la prossima curva, oltre quel bivio.

“Eravamo consapevoli del fatto che, a ogni chilometro percorso, potevamo imbatterci in un imprevisto, in un guasto meccanico, un fattore esterno non dipendente dalle nostre volontà o anche una qualsiasi cosa, dovuta alla nostra inesperienza...”.

Ma l'emozione vera sta soprattutto in quel senso di libertà che più ti allontani da casa più si fa sentire, sta nella meraviglia di lasciarsi sorprendere da ciò che si offre al tuo sguardo lungo la via. Il bagliore di una scheggia di luce riflessa dalle acque del mare lungo una strada che scivola accanto a una spiaggetta di cui, fino a un minuto prima, ignoravi l'esistenza. Un minuto dopo sei lì, a mollo, a fare il bagno tra le onde, incredulo.


“... quell'improvviso sguazzare nell'acqua, il ritemprante rilassarsi, un ulteriore inaspettato sussulto regalatoci da quella giornata che non smetteva di riservare sorprese!!!”

L'arco temporale in cui si svolge il racconto di certo è troppo breve per poter parlare di un vero e proprio romanzo di formazione, è indubbio però che l'esperienza vissuta dall'autore abbia contribuito a formare la persone che è poi diventata.

Nella prima parte del volume l'autore alterna al racconto "on the road" i ricordi delle vacanze della sua infanzia, ricordi che colorano le sue pagine di una dimensione nostalgica nella quale, ciascuno a modo suo, tanti lettori potranno riconoscersi.

I giorni trascorsi nella capitale sono una storia nella storia, i due giovani viaggiatori entrano da subito in perfetta sintonia con la compagnia di amici dei cugini romani. Mauro fa amicizia con Elisabetta, una ragazza del gruppo, “Era bella Elisabetta (…) con i suoi capelli biondi e gli occhi ambra (…) e gli stivaloni Camperos abbinati a un vestitino leggero...”. Una simpatia immediata e reciproca che sboccia in un sentimento di affetto ricambiato, una relazione tra ragazzi sulla quale pesa inesorabile il conto alla rovescia dello scorrere dei giorni che li separano dal distacco, con l'incognita su quale futuro potrà mai avere la loro relazione:

“La Portentosa ci allontanava, procedendo lentamente, mestamente, mi verrebbe da dire, e senza che io nemmeno me ne accorgessi. Avanzava quasi da sola, come a non voler acuire i miei patemi, evitando di reclamare attenzione nella guida, mentre io mi chiedevo se, intanto che mi indicava la strada, rimanendo in silenzio come me, l'intento di Elisabetta, nell'aver voluto che restassimo soli, fosse proprio quello di comunicarmi “la decisione più triste”.

Non faccio spoiler e lascio al lettore il piacere di scoprire come proseguirà la storia tra Elisabetta e Mauro, così come voglio lasciare al lettore la curiosità di scoprire anche come mai per il titolo di questo volume sia stato scelto di citare il titolo dell'album – ai tempi si chiamavano anche LP – che sancì la definitiva consacrazione di Pino Daniele quale artista di valore assoluto nel panorama italiano e non solo.

Mauro Pepe, la Vespa in foto non è La
Portentosa ma è la 50 Special di un amico.
Photo Credit: Gianni Cesariello
Nota finale:
il mio ruolo di vespa-recensore mi impone di non poter ignorare l'unica piccola/grande pecca di questa pubblicazione, la grafica di copertina. Scegliere la silhouette di una Vespa quattro tempi di ultima generazione per illustrare un racconto che parla di un viaggio in Vespa compiuto negli anni '80 a bordo di un modello uscito alla fine degli anni '60, la Vespa 50 Special ovvero il vespino per antonomasia, è un “refuso” gravissimo e imperdonabile!
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In collaborazione con Delta3 Edizioni che ringrazio per la disponibilità.



La fuitina in Vespa

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LA FUITINA IN VESPA

È bene che il lettore di questo romanzo non si lasci trarre in inganno dalla leggiadra gentilezza dell'immagine di copertina, un'illustrazione schizzata a china che rimanda alle spensierate gironzolate in Vespa delle vacanze di romana memoria.

Sebbene l'epoca in cui si svolge gran parte della vicenda è per altro la stessa del celebre film con la Hepburn e Peck, l'ambientazione della storia narrata da Renato Mango è molto diversa da quella patinata della dolce vita capitolina della pellicola hollywoodiana. Volendo restare in campo cinematografico l'atmosfera in cui Mango muove i suoi personaggi è più quella neorealismo italiano, dei film in bianco e nero di Rossellini, Visconti e Germi.

Nel dopoguerra la terra di Calabria è una realtà economicamente depressa e culturalmente ancora arretrata, in cui domina un concetto arcaico dei valori sociali, al punto che per Letizia - la protagonista del romanzo che nelle prime pagine è ancora una giovane adolescente - farsi monaca di clausura pare l'unica via per affrancarsi dalla squallida quotidianità di una vita di abusi e mortificazione.

La trama si sviluppa sulla storia delle vite complicate dei diversi personaggi che via via entrano in scena, parentele e relazioni clandestine si intrecciano in una storia d'amore e d'onore, una storia di vita e di morte a tratti scabrosa, a tratti poetica.


Giunto alla fine della lettura di queste pagine per me è stato però inevitabile chiedermi: che c'azzecca con una storia del genere questa delicata copertina? E ancora: ma che c'azzecca questo titolo con questo romanzo? Vero che è proprio in sella ad una Vespa - che era blu, ma poi verrà riverniciata di rosso – che si compie la fuitina di Marco e Teresa, ma nelle 160 pagine del romanzo la Vespa viene solo nominata (8 volte in totale, la prima volta a pag. 87), e l'unico passaggio in cui è minimamente coinvolta nella narrazione è il seguente (da pag. 117):

“Il clacson suona. La porta si apre dopo che una lettera è stata posata sul letto singolo. La Vespa inizia la discesa verso Renabucco. Gli occhi di lui lacrimano di gioia. Lei, invece, si chiede da dove arriva questo forte profumo di ginestre.”

Nell'economia della trama nulla sarebbe cambiato se la coppia per dileguarsi avesse utilizzato chessò, una Fiat 1100 di seconda mano, una Lambretta scassata o il residuato bellico di una Guzzi Falcone col sidecar.

Buono questo romanzo d'esordio per Renato Mango ma purtroppo, vespisticamente parlando, oltre che nel titolo e nella grafica di copertina di Vespa ce n'è davvero troppo poca per poterlo considerare a pieno titolo un'opera di narrativa vespistica.

Dalla sinossi editoriale:
Calabria, primo dopoguerra. Letizia, il cui sogno è quello di diventare una cantante, decide di entrare in convento insieme alla cugina Luisa per sfuggire alle violenze del padre e all’indifferenza della madre, nonostante la quasi totale assenza di vocazione. Luisa, però, si tira indietro all’ultimo minuto: il padre, laico e intenzionato a bruciare il suo corredo piuttosto che regalarlo alle suore, non le permette di prendere i voti e così Letizia si ritrova ad affrontare la sua sorte da sola e a covare vendetta per decenni. L’occasione perfetta le si presenta quando viene contattata da Teresa, figlia di Luisa, che, lontana da casa, chiede il suo aiuto. A quel punto, la macchina della vendetta si mette in moto.

LA FUITINA IN VESPA

in collaborazione con BOOKABOOK che ringrazio per la disponibilità

L'innocenza dell'iguana

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Non posso purtroppo esimermi da cominciare questo articolo con le dolenti note.
Dopo aver letto le parole con cui l'autore, Paolo Roversi, annunciava dai Social l'imminente uscita di quest'ultimo suo romanzo le aspettative erano altissime:

10 dicembre, “... Radeschi e il suo Giallone stanno tornando!”.
13 dicembre, “... il giornalista hacker e il suo fido Giallone prestissimo in tutte le librerie! ”.
7 gennaio, “... a una settimana esatta all'uscita del nuovo romanzo con Radeschi ho preso in prestito il Giallone per farmi un giro!”.

A corredo di ogni post foto da cui ammicca una Vespa gialla, una volta è un modellino, un'altra una Vespa fotografata in strada, un'altra ancora un'immagine generata dall'intelligenza artificiale dove un patinato Paolo Roversi, il vento nei capelli, sfreccia in sella a una GT gialla con il duomo alle spalle.

Vespa gialle ovunque in fase di promozione, e Vespa gialla protagonista della bella copertina del volume, con tanto di iguana innocente arrampicata sul manubrio.
Vespa gialle ovunque!, peccato però che nelle pagine di questo libro non ve ne sia traccia - o quasi – per giustificare un tale protagonismo del Giallone.
Per trovarlo nominato la prima volta tocca arrivare a pagina 23, tra l'altro tirato in ballo senza una reale esigenza narrativa:

“Dovrei saltare in sella al Giallone , la mia fedele e gloriosa Vespa del 1974 ridipinta di giallo a bomboletta, e fiondarmi sul posto alla ricerca di retroscena e indizi per un pezzo da un milione di clic. Purtroppo sono nel ghetto di Venezia...”.

Conti alla mano, tra “Vespa” e “Giallone”, nelle 215 pagine del romanzo lo scooter di Radeschi è nominato solo in 16 occasioni (n. 7 volte come Vespa e n. 9 volte come Giallone) quasi sempre senza che la citazione del mezzo sia in un contesto narrativo significativo.

Chi frequenta questo WeBlog sa che una caratteristica dei vari articoli in cui presento un testo di narrativa vespistica è quella di riportare brevi stralci in cui la Vespa si fa in qualche modo personaggio. Ecco, in quest'ultima fatica di Roversi oltre alle poche righe già riportate poco sopra c'è un unico altro passaggio che sia qualcosa di più di una menzione:

“La mattina è limpida e il freddo è sopportabile. Il che non mi impedisce di sudare parecchio per avviare il vecchio cuore meccanico del Giallone. Rimango appeso quasi cinque minuti al pedale di avviamento finché il rassicurante ran-tan-tan del motore mi rende felice. Il miracolo si è compiuto per l'ennesima volta, salto in sella e parto in direzione della questura.”

Davvero troppo poco per non rimpiangere la maggior attenzione che Roversi dedicava al Giallone nei primi volumi della saga di romanzi con protagonista Enrico Radeschi (e il suo Giallone).


L'INNOCENZA DELL'IGUANA è una buona lettura che però scivola via senza colpo ferire, è come se dopo tanti anni, tanti casi e tante avventure il duo Roversi/Radeschi dei primi romanzi abbia un po' esaurito la vena del filone. In questo giallo manca qualcosa di imprevedibile, qualcosa di nuovo che sappia sorprendere davvero il lettore andando oltre quello che ormai pare diventato un cliché.

Dalla sinossi editoriale:
Una sparatoria in pieno centro sconvolge Milano: un sicario in moto, nascosto da un casco integrale e una tuta di pelle, apre il fuoco su due uomini per poi dileguarsi nel nulla. Mentre il vicequestore Loris Sebastiani inizia le indagini e il giornalista hacker Enrico Radeschi si trova avvolto dalle nebbie di Venezia, emergono i primi dettagli: le telecamere della zona in cui è avvenuto il feroce agguato non hanno registrato nulla di utile, e le due vittime – il noto conduttore radiofonico Michele Carras e l’imprenditore Giovanni Fontana, ricoverati in condizioni critiche – sembrano appartenere a mondi fra loro inconciliabili. Qual è, allora, l’oscuro legame che ha finito per incrociarne i destini? Per risolvere il mistero, il poliziotto sa di poter contare sull’aiuto del cronista e sulle sue doti informatiche. Peccato che Enrico sia distratto: deve aiutare il Danese, l’amico dal passato oscuro. L’uomo è in fuga, braccato dalla polizia e impegnato nella disperata ricerca della figlia scomparsa. C’è un barlume di speranza: forse la ragazza è ancora viva e può essere salvata, ma il tempo stringe e il pericolo incombe. Ad aiutare Radeschi in questa doppia indagine ritorna Liz, giovane e brillante hacker, determinata a dimostrare il proprio valore e a superare il maestro in astuzia e capacità investigative. L’innocenza perduta, però, non si recupera, come tutti scopriranno a proprie spese, e ben presto la vicenda si trasforma in una corsa contro il tempo, con i fantasmi del passato che riemergono mettendo a dura prova tutti i protagonisti.

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in collaborazione con MARSILIO Editore, che ringrazio per la disponibilità.


Per non aver commesso il fatto

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Fazi Editore (Dark Side)

L'ultimo libro firmato da Michele Navarra per la collana Dark Side di Fazi Editore è sì una novità, ma risale a una quindicina di anni fa.

Si tratta infatti della nuovissima edizione del romanzo capostipite di quella che negli anni seguenti si poi è sviluppata in una vera e propria saga di legal thriller, dove la trama dei casi giudiziari seguiti dall'avvocato Alessandro Gordiani si intreccia alla quotidianità della sua vita, con i pensieri, i timori e le insicurezze di un giovane uomo innamorato prossimo a diventare papà e che, dulcis in fundo, è pure vespista.

“Nell’accendere la mia amatissima Vespa PX 125 Arcobaleno, che ha visto i suoi giorni più fulgidi circa mille anni fa, noto con soddisfazione che non vi è traccia della solita macchia d’olio che sistematicamente si forma sul pavimento, in corrispondenza del blocco motore. Dato che non vado dal meccanico dalla notte dei tempi – e ritenendo molto improbabile che qualcuno l’abbia fatto al posto mio e, soprattutto, a mia completa insaputa – ne deduco che deve per forza trattarsi di un intervento divino.”

La prima edizione di questo romanzo ha visto la luce nel 2010, volume uscito con lo stesso identico titolo per i tipi delle Edizioni Giuffré che a suo tempo risultò vincitore della sezione romanzi al concorso di narrativa giudiziaria inedita della Legal Drama Society, arrivando a fregiarsi di ben nove successive ristampe.

In queste pagine troviamo quindi un avvocato Gordiani ancor giovane che, nell'esercizio della sua professione, cerca di mettere a fuoco cosa significhi svolgere il lavoro di legale in Italia, dove la giustizia è amministrata da un apparato farraginoso i cui meccanismi a volte fanno dubitare di trovarsi in un paese che vuole definirsi civile.


Il caso su cui Gordiani si trova a lavorare rappresenta come meglio non si potrebbe l'agghiacciante normalità a cui la cronaca nera ci ha abituato: uno sconosciuto brutalmente ucciso e fatto sparire nelle profondità del lago di Bracciano, a fargli da sepolcro il bagagliaio della sua automobile. Il delitto viene scoperto solo a distanza di tempo grazie alle parole di un personaggio alquanto ambiguo, un ex galeotto di nuovo reo che, tornato in carcere, trova conveniente spifferare agli inquirenti quanto dice di sapere di un delitto di cui è stato testimone. Le sue parole oltre a consentire di ripescare l'auto con il suo macabro contenuto portano all'arresto di un insospettabile, un noto agente immobiliare della capitale che viene incriminato come autore dell'omicidio. Spetterà all'avvocato Gordiani l'arduo compito di difendere l'uomo dall'accusa di un delitto dove a incastrarlo ci sono solo indizi e le parole di un delinquente, senza però nemmeno uno straccio di prova.

Michele Navarra e la sua PX Arcobaleno
Non c'era alcun bisogno di questa prova letteraria invece per confermare la capacità narrativa di Michele Navarra, che è davvero bravo nel descrivere con precisione e con pennellate di gustosa ironia come funziona l'italica giustizia e di quanto possa assumere i toni del grottesco l'istruzione di un processo penale, dinamiche a lui ben note in quanto, prima di essere un apprezzato scrittore di gialli giudiziari, Navarra è lui stesso uno stimato penalista del Foro di Roma, in passato impegnato in importanti casi giudiziari che hanno contrassegnato la cronaca nera nazionale.


“Per un attimo, in realtà, ho anche pensato di prendere la Vespa, ma l’elevatissima probabilità che la vecchia Arcobaleno, ormai tenuta insieme con lo sputo, non avrebbe resistito all’emozione di un viaggio così lungo mi ha convinto a desistere. Un conto è fermarsi in panne su lungotevere Flaminio, tutt’altra cosa è farlo in mezzo all’Aurelia, a venti chilometri dal meccanico più vicino.”

In questo romanzo la penna di Navarra scorre veloce e disegna un quadro ben bilanciato tra quelle che sono le vicende umane del protagonista e quella che è la trama del caso giudiziario, senza mai perdere di vista una sottile vena di umorismo e umano disincanto che rendono davvero piacevole la lettura.

“Chiara, tettona naturale, conosce molto bene, per esperienza personale, la mia straordinaria tecnica vesparola del F.A.I., “Frena-Accelera-Inchioda”, che funziona in modo magnifico soprattutto d’estate, quando si indossa solo una maglietta o una camicetta. Con questa tecnica sono sempre riuscito a misurare, con la stessa precisione di uno strumento laser di ultima generazione, con un margine di errore vicino allo zero per cento, le dimensioni e la consistenza del seno delle ragazze trasportate in Vespa.”

“Per non aver commesso il fatto” è una chiave grazie alla quale il lettore di Michele Navarra entra nella testa di Alessandro Gordiani e si immerge in quello che è il lavoro di un avvocato penalista innamorato della sua professione, ma anche nella vita di un uomo emozionato per una nuova vita in arrivo, innamoratissimo della sua compagna... e un pochino innamorato pure della sua Vespa!

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Gli altri romanzi di Michele Navarra con protagonista l'avvocato Gordiani:


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in collaborazione con FAZI Editore, che ringrazio per la disponibilità

Era l'anno di nero a metà

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(segnalazione editoriale)

Davvero pochissime le notizie trovate in Rete su questo romanzo firmato da Mauro Pepe. Anche il sito Web dell'editore non è d'aiuto, nella pagina dedicata nemmeno qualche riga di sinossi.

La copertina inequivocabilmente vespistica mi ha spinto a fare qualche ricerca più approfondita che mi ha portato a questa recensione curata da Corriere dello Spettacolo dove ho trovato elementi sufficienti a convincermi di inserirlo tra i titoli di narrativa vespistica di Chilometri di Parole in Vespa.

Dalla recensione di Corriere dello Spettacolo:

“Era l’anno di nero a metà”: due ragazzi, una vespa 50, il viaggio e la meta.

L’autore, il suo amico e una vespa 50 Special, di colore bianco – soprannominata La Portentosa – sono i protagonisti di questo libro autobiografico basato su una storia realmente vissuta. (...) Mauro e Alfonso, sono due ragazzi con tanta voglia di divertirsi e sfidare la vita. Eh sì perché la sfida è quella di partire – a bordo della vespa – dalla provincia campana, in cui i due giovani abitano, per raggiungere Roma. (...) L’autore alterna al viaggio in vespa momenti della sua infanzia, i quali riaccendono delle emozioni a distanza di tempo e lo immergono in una dimensione nostalgica (...) il viaggio regalava loro le sensazioni che avevano sognato, quelle di cui erano andati alla ricerca fin dal momento che l’idea di partire in vespa verso Roma, aveva iniziato a farsi strada in loro. (...) La Generazione Z comprenderà quanto un viaggio in vespa in nome del sogno e della libertà, rendesse davvero felici, molto felici, più di quei 1000 like digitali.


Per leggere la recensione completa CLICCA QUI


Questo libro è disponibile tra i titoli a catalogo della LIBRERIA UNIVERSITARIA: acquistandone una copia attraverso QUESTO LINK o gli altri pubblicati in questo Weblog una piccola percentuale della vostra spesa contribuirà al mantenimento di “Chilometri di Parole in Vespa”. Grazie!

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